14 apr 2007

I RUOLI DELL’AVVOCATO NELLA MEDIAZIONE FAMILIARE

Align LeftAna María Sánchez Durán

Avvocato, mediatore familiare e formatore AIEEF, Università Pontificia Comillas Madrid (Spagna), anam.sanchez@tin.it


I rapporti fra i professionisti del Diritto, specialmente gli avvocati, e lamediazione familiare costituiscono un tema importante tanto dal punto di vistateorico quanto per la pratica di questa metodologia.
Nonostante siano due mondi diversi quello della Mediazione e quello del Diritto,come ho avuto occasione di esporre in altri lavori (Sánchez Durán1999, 2000, 2001), coincidono nella loro vocazione di essere strumenti socialiper la pacificazione dei conflitti (benché con differente orientamento,significato e peso) e alla fine devono collaborare. Se ci circoscriviamo allamediazione familiare, si apprezzano ancora più chiaramente l’importanzadel fattore giuridico e la sua influenza nella mediazione (Sánchez Durán1996, 2000). Possiamo risaltare alcuni aspetti di questa relazione: · L’informazione giuridica è basilare nel processo di mediazioneper evitare la scelta di soluzioni non convalidabili legalmente, e per assicurareche i partecipanti prenderanno delle decisioni consapevoli - aspetto collegatocon lo “empowerment” e con il riequilibrio dei poteri nel processodi mediazione. · L’avvocato è di solito il primo professionista al qualericorre una persona di fronte a una separazione o a un divorzio, diventando peressa un punto di riferimento e per ciò in chiave del processo di mediazione:la sua collaborazione può essere decisiva per far si’ che la mediazioneabbia luogo o meno1. · La mediazione familiare e il processo giudiziario possono intrecciarsicronologicamente: essa può iniziare prima, durante o dopo un processogiudiziario. La separazione e il divorzio come situazioni giuridiche e come cambiamentodello stato civile della persona, avvengono attraverso una sentenza dopo averpercorso un iter giudiziario. In materia familiare esistono in tutta Europa dellelegislazioni che regolano minuziosamente gli aspetti materiali e processuali. La esistenza di una procedura consensuale nei casi di separazione e divorziofavorisce l’incontro tra il mondo della Mediazione e il mondo del Diritto,ma è in questo contesto che la collaborazione fra mediatori e avvocatipuò diventare più difficile. Fino alla comparizione dei mediatorila negoziazione degli accordi di separazione e divorzio è stata competenzaesclusiva degli avvocati2. Sebbene la collaborazione fra mediatori e avvocati offra chiari vantaggi perentrambi, questa diventa difficile, da una parte, per la mancata conoscenza e/ola diffidenza di fronte alla mediazione familiare di un settore importante degliavvocati. Diffidano, secondo Liborio L. Hierro, perché la percepisconocome una “intrusione dagli psicologi nell’area degli avvocati o,almeno, una indesiderabile concorrenza3”. Altri motivi indicati da LisaParkinson (2003), in riferimento all’Inghilterra e il Galles, ma ancheestensibili alla Spagna, sono “il timore che la parte più vulnerabilenon sia adeguatamente tutelata” o la percezione della “mediazionecome una minaccia per il suo stesso ruolo, specialmente se i litiganti sono obbligatia ricorrere alla mediazione ed è negato loro l’accesso alle vielegali4.” Aggiunge questa autrice, “talvolta, mediatori e legalisi comportano un po’ come genitori che divorziano e litigano per ottenerel’affidamento di un bambino. Se mediatori e avvocati si pongono in competizioneper il possesso di un territorio che entrambi vogliono, i loro clienti possonofinire strattonati fra loro, come figli di genitori in lite5.” Noi mediatori, individualmente e attraverso le nostre associazioni, abbiamo dedicatoe dedichiamo una gran parte dei nostri sforzi a spiegare la mediazione e a “convincere” deisuoi pregi gli avvocati, eppure non sempre abbiamo messo in conto che una concezionemanichea della mediazione ostacolava la comunicazione6. Un altro scoglio può essere il pregiudizio7 che l’intervento degliavvocati può rallentare l’accordo fra le parti e inasprire lo scontronelle liti matrimoniali. E’ vero che la formazione universitaria degliavvocati prepara fondamentalmente ad agire in forma antagonistica nella difesadel loro cliente8 (e che questo atteggiamento influirà nell’evoluzionedel conflitto) ma nella mia esperienza come avvocato di famiglia ho potuto conosceremolti stili di esercizio di questa professione, e spesso sono i clienti quelliche scelgono il tipo di avvocato, più o meno belligerante, di cui credonoaver bisogno. In fine, non sempre è semplice tracciare la linea divisoria fra le mansionidel mediatore e dell’avvocato, come vedremo. Nonostante tutto, in Spagna è in crescita il numero degli avvocati checonsiderano la mediazione familiare una alternativa ammissibile, o che comincianoa vederla come una attività interdisciplinare che loro stessi possonosvolgere. Tutto ciò collegato con la crescente affluenza di legali aicorsi di sensibilizzazione o di formazione dei mediatori familiari. Anche gliOrdini degli Avvocati spagnoli si sono interessati alla mediazione e hanno rivendicatola loro partecipazione nella redazione dei disegni di legge che la prevedevano(a tutt’oggi abbiamo quattro leggi regionali sulla mediazione familiare9,ed anche diversi progetti di legge in corso di approvazione). Ma anche nelleregioni spagnole senza leggi sulla mediazione familiare, gli Ordini degli Avvocatiesercitano un ruolo molto attivo nella sensibilizzazione e formazione in mediazionefamiliare, e nel coordinamento di servizi semipubblici.

1. L’avvocato10 e il mediatore: distinzione dei ruoli e strategie per potenziare la collaborazione

Vediamo, per primo, quali sono i compiti che svolgerebbe ognuno di questi professionisti nelle diversi fasi:

1. a. Prima della mediazione:

1.a.1. Funzioni: L’avvocato prima ascolterà il racconto del cliente e lo analizzerà dalla prospettiva giuridica, identificando le pretese di esso11 e informandolo sulla possibilità di che siano soddisfate attraverso una negoziazione e/o una procedura giudiziaria, consensuale o contenziosa.
In questo primo approccio, l’avvocato può collaborare con la mediazione familiare includendola fra le diverse opzioni e risorse a disposizione del suo cliente per soddisfare le sue richieste. Questa collaborazione può essere: attiva e potenziante (spiegando, o addirittura consigliando questa possibilità al suo cliente) o passiva: non dissuadendo il cliente quando la mediazione gli sia stata proposta dall’altra parte o dal giudice.
Per ciò sarebbe necessario che avesse assimilato perfettamente cosa è la mediazione (distinguendola da altri interventi di sostegno alla famiglia), quali sono i suoi limiti e i casi in cui non è appropriata, e come si connetta con la procedura giudiziaria, così come quale sarà il ruolo che gli spetta nelle differenti fasi di questo percorso. Potrà anche indirizzare gli differenti centri e servizi di mediazione della zona.
Quando il giudice invita le parti a ricorrere alla mediazione, l’avvocato, nell’interesse del suo cliente, dovrebbe vegliare sul fatto che si rispetti la volontarietà del percorso (perché il mero invito del Giudice può avere un certo effetto coattivo).
Se la mediazione si inizia dopo che sia stato avviato un procedimento giudiziario contenzioso, i legali continueranno la loro funzione di difesa del cliente nel ambito del tribunale, chiedendo e dando corso alla sospensione della procedura civile12; e informando il suo cliente sugli eventuali problemi urgenti da risolvere in maniera che questo possa portare le questioni in mediazione e discuterne.

1.a.2. Strategie: L’avvocato collaborerà soltanto se è consapevole dei vantaggi che offre la mediazione, prima, per il suo cliente (perché ha il compito di difendere gli interessi giuridici del suo cliente, e deve essere convinto che la mediazione lo avvantaggerà13 (o che almeno non lo pregiudicherà; ma poi anche per lo stesso legale. Sarà pronto a ascoltare questi argomenti soltanto se vede chiara qual è la sua funzione durante e dopo la mediazione, se non sente invasa la sua area di competenza; alla fine dei conti, se non si sente “espropriato”.

1.a.3. Vantaggi per l’avvocato dall’ invio a mediazione:
L’esercizio del Diritto spesso colloca il legale di fronte a situazioni estremamente complicate in cui “la situazione emozionale... ritarda la gestione del problema legale”14 (Bernal, 2002). In questo senso Bustelo e Sánchez Durán (1999) segnalavano: “da una razionalità inondata da situazioni emozionali, il cliente si rivolge all’ avvocato chiedendogli che si dichiari il suo diritto15” Nella mia esperienza, tante volte i clienti chiedono all’avvocato di famiglia cose che eccedono di quello per cui è stato formato: consolazione, lealtà e difesa incondizionati e l’ascolto di lunghe confidenze personali (magari a qualunque ora del giorno)... L’avvocato in questo contesto, deve optare fra diverse possibilità: diventare “l’avvocato paladino” che esacerba il suo ruolo di difensore, identificandosi pienamente con la causa dei suoi clienti; o “l’avvocato obiettivo”, che si limita a raccogliere i dati con rilevanza giuridica, relegando altri contenuti, o “l’avvocato-consigliere” che si presta a sentire minuziosi racconti e consiglia al suo cliente cosa fare anche negli aspetti quotidiani (Bernal, 2002)16. Sono interventi non esenti dal rischio per il legale e qualsiasi intento di mettere il suo cliente di fronte alla realtà, o almeno ad altri aspetti non presi in considerazione, possono essere vissuti dal cliente come un tradimento.
In questo senso la mediazione può sollevare queste difficoltà extragiuridiche per il fatto di offrire ai clienti un contenimento della crisi, un riconoscimento e una legittimazione dei suoi sentimenti, il recupero del protagonismo nella presa di decisioni (e per ciò, la responsabilità in prima persona per esse), il confronto con i punti di vista dell’altro e con i limiti della realtà, aiutandoli a distinguere fra desiderio e possibilità. Così l’avvocato potrà concentrarsi nella gestione del problema giuridico, informando e consigliando sul pro e il contro di ogni opzione permessa dal Diritto. Ma consapevole che, se la mediazione non funzionasse nel caso concreto, il suo cliente potrebbe tentare la via contenziosa senza pregiudizio.

1.b. Durante la mediazione:

1.b.1. Funzioni: Nella sua funzione di difesa degli interessi giuridici del suo cliente17 assumerà il ruolo di consulente legale, fornendo informazioni e consigli giuridici di cui il suo cliente possa avere bisogno lungo la mediazione.
Una delle difficoltà nel delimitare i compiti che, rispettivamente, corrispondono a mediatori e avvocati si riferisce alla informazione giuridica. Secondo la Raccomandazione 1/98 del Consiglio di Europa (principio III.x.) “il mediatore può fornire informazioni di carattere legale ma non può prestare consulenza legale: dovrebbe, quando opportuno, informare le parti della possibilità di consultare un legale o altro professionista che abbia competenza in materia”. Al parere di Marlow (1999)18 bisognerebbe differenziare tra informazione giuridica, che sarebbe una “dichiarazione generale riguardo quello che stabilisce la Legge” su un certo punto, opinione giuridica, consistente in offrire “un parere su quale sarebbe l’esito possibile nel caso particolare” se si sottomettesse alla decisione di un Tribunale19, e infine, il consiglio giuridico, ovvero raccomandare un certo corso di azione o condotta: per esempio, se accettare o rigettare una proposta20. L’opinione ed il consiglio giuridico soltanto possono pervenire da un avvocato, mentre i partecipanti alla mediazione potrebbero ottenere le informazioni giuridiche:
da un consulente legale indipendente: così, potranno esserci due legali (uno per ogni parte) o uno solo comune21. Fra gli autori troviamo differenti opinioni riguardo al fatto che siano uno o due, ma a mio parere, questa è una decisione che spetta soltanto alle parti ed in cui non si dovrebbe interferire22.
Per evitare o rimediare disequilibri di potere, il mediatore chiederà ai partecipanti se hanno consultato un avvocato e li inviterà a condividere l’informazione a loro disposizione. Se uno di loro non lo avesse ancora fatto, lo si può incoraggiare a farlo.
Di solito gli avvocati rimangono fuori della mediazione e sono i clientia portare l’informazione raccolta per poi analizzarla con l’aiuto del mediatore. A questo fine, l’art. 17, 2 del Regolamento della Mediazione Familiare in Catalogna (Decreto 139/2002, di 14 di maggio) prevede, a richiesta delle parti, la sospensione temporanea del processo di mediazione per consultare i loro avvocati23.
Eccezionalmente possono partecipare a una o più sedute24 (per esempio, perché si deve trattare una questione di gran complessità giuridica, o per concretizzare proposte). Fra altri aspetti, dovranno chiarificarsi i doveri dei legali partecipanti alla mediazione riguardo la riservatezza del processo.
Dall’avvocato come consulente del mediatore o del processo di mediazione: Le leggi regionali spagnole sulla mediazione prevedono che il mediatore possa chiedere una consulenza quando abbia la necessità di conoscenze specializzate25. Inoltre, secondo le leggi di Valencia (art. 15,2) e delle Canarie (art. 12 e 6) il mediatore può richiedere, con il consenso delle parti, l’intervento di consulenti nel processo (per esempio, di un avvocato). In alcuni servizi di mediazione, un avvocato-mediatore si unisce alla mediazione temporaneamente, intervenendo a qualche seduta o fornendo consulenza al mediatore senza incontrare i partecipanti26.
Dallo stesso mediatore: Gli autori che sostengono questa possibilità la condizionano a che il mediatore sia anche avvocato e si faccia sempre a presenza di tutte le parti27, e sottolineano la differenza fra avere l’informazione in un contesto antagonistico o in un contesto neutrale. Altri studiosi, come Lisa Parkinson (1997, 2003) rilevano che il mediatore fornisce informazioni ma non da consigli. Le informazioni che il mediatore potrebbe fornire (p.e. anche attraverso un depliant) sarebbero solo del tipo generale ma, comunque, per conoscere le risposte concrete che offrono le norme giuridiche applicate alla loro situazione (e questa raramente è una risposta unica e esatta) i partners devono alla fine ricorrere a un avvocato.
A mio parere, è meglio che il mediatore si astenga dal fornire informazione giuridiche per il pericolo che questo possa portare le parti (ma anche sé stesso) a una confusione sul suo ruolo, e di una perdita della sua neutralità e imparzialità (non importa se reale o meramente così percepita dalle parti). Le parti dovrebbero fare lo stesso che quando ci sia bisogno di altro tipo di informazione o di consigli (psicologici, medici, pedagogici, fiscali...): ricorrere a un consulente28. Inoltre, da un approccio interdisciplinare29, le funzioni del mediatore dovrebbero definirsi omogeneamente, senza tener conto di quale sia stata la sua formazione di base.
Infine, nella ultima fase della mediazione, raggiunto il consenso, l’avvocato esaminerà il progetto di intesa30, prima di essere firmato (Parkinson, 2003 pag. 268) per comprovare che il suo cliente o clienti comprendono tutte le conseguenze giuridiche dell’accordo, che non si vulnera l’ordine pubblico familiare, e che non esistono inconvenienti gravi per la sua omologazione giudiziaria. Altrimenti, i clienti potranno tornare alla mediazione.

1. c) Dopo la mediazione:
I compiti che spettano agli avvocati alla fine della mediazione sono:
- Stesura della documentazione legale necessaria (del ricorso e dell’accordo di separazione, ovvero traduzione a termini giuridici dell’accordo raggiunto in mediazione) e deposito degli atti innanzi il Tribunale.
- La rappresentazione e difesa della parte o delle parti nel processo giudiziario, che include l’eventuale difesa dell’accordo di fronte al Pubblico Ministero e al giudice di famiglia quando questi avvertano un ipotetico contrasto con l’interesse dei figli31.

2. Il mediatore con un background formativo giuridico32: esigenze formative, pratiche e deontologiche

Nella grande maggioranza dei paesi europei, gli avvocati possono praticare la mediazione familiare. La loro formazione come mediatore, anzitutto trattandosi di professionisti con esperienza pluriannuale, li impegna in un profondo lavoro su sé stessi per poter abbandonare i luoghi tradizionali. Tutto ciò, implica una crisi, mettendo in questione vecchi abitudini, procedure e impostazioni mentali per potersi aprire a nuove prospettive. Mi pare importante che nei corsi di formazione per mediatori familiari esista un seminario sulla “Mediazione e Diritto” che tenga conto di queste difficoltà, e sia dedicato non solo a fornire di informazioni di carattere legale, ma anche a riflettere: 1) sulla importanza della Legge e il Diritto nel processo di mediazione e sui limiti da porre a questa influenza; 2) sulle differenze di pensiero nel “mondo del Diritto” e nel “mondo della mediazione”; e ad acquisire le abilità occorrenti per mettere tutto ciò in pratica come mediatori33. Il conduttore del seminario, insieme al proprio gruppo di formazione (interdisciplinare) aiutano ogni partecipante a completare le sue conoscenze di carattere legale (o, a quelli che le avevano, a poterle usare da una prospettiva utile non antagonistica) e a fare un passo essenziale nel loro percorso verso il “savoir-étre” mediatore34.
Per quanto concerne la pratica, ci saranno differenze riguardo i compiti che svolgerà il mediatore con un background legale secondo la scuola in cui si è formato e secondo il modello di mediazione scelto. Lasciando da parte quelli che più o meno direttamente escludono il suo intervento, il mediatore potrà, grosso modo, operare da solo, in mediazione globale o parziale sugli aspetti di carattere economico e patrimoniale, in co-mediazione o nella cosiddetta mediazione di “ancoraggio”35.
Riguardo l’aspetto deontologico, il mediatore che è anche avvocato non può intervenire nello stesso caso come legale e come mediatore, né contemporaneamente né successivamente36.
L’avvocato che sceglie di lavorare come mediatore non è per ciò costretto ad abbandonare l’esercizio della professione legale, ma dovrà discriminare il tipo di intervento da fare in ogni singolo caso. Sarà tenuto a: a) analizzare la domanda del cliente per capire che servizio gli sta chiedendo (come mediatore o come avvocato); b) una volta deciso il tipo di intervento, mantenere una totale coerenza, cioè consapevolezza e attenzione continua non solo su quello che dice (p.e. il mediatore non dovrebbe usare un gergo legale), e quello che fa (p.e. il mediatore non consiglia, non convince, non suggerisce) ma anche su quello che pensa e sente. A questo proposito possono essere di grande aiuto i gruppi di lavoro fra pari o la supervisione professionale. Inoltre, dovrebbe distinguere gli spazi fisici (il collocamento) dove lavora come mediatore e dove lavora come avvocato.
In realtà, tutto ciò non è una vera specialità riguardo i mediatori che hanno una diversa formazione di base e un’altra pratica professionale parallela alla mediazione, che dovranno fare la stessa scelta.

3. L’avvocato che usa tecniche di mediazione: differenze

Un’altra possibilità è quella del legale che, dopo essersi formato come mediatore, usa le tecniche imparate per migliorare la sua attività come avvocato. Tecniche particolarmente utili per l’avvocato di famiglia sono il reframing, la legittimazione, l’ascolto attivo, domande ipotetiche e circolari... perfino quando deve operare come “difensore” in un procedimento contenzioso per far tener conto al suo cliente degli interessi della sua famiglia e dei figli.
Quando la coppia ricorre a un solo avvocato per preparare una separazione o divorzio consensuale, questo professionista può usare tecniche di mediazione per facilitare il raggiungimento degli accordi da omologare in tribunale: se decide di intervenire come avvocato-consulente (e non come mediatore) dovrà avere molto chiari gli obiettivi e i limiti del suo operato. Essere il legale della coppia significa dare priorità alla prospettiva dei diritti e degli interessi giuridicamente rilevanti, consigliare e tutelare entrambi in forma imparziale. Personalmente penso che porrebbe un problema etico al professionista. Anzitutto, quando una coppia ricerca consulenza legale in una separazione o divorzio dovrebbe informarla sulla possibilità di ricorrere alla mediazione. Inoltre, se l’avvocato percepisce che quello che gli chiedono i clienti, anche non consapevolmente, è di fare una mediazione (ovvero, non bastando un uso puntuale di tecniche per concretizzare l’accordo che grosso modo ci porta la coppia) dovrebbe inviarli a un mediatore e restare come consulente legale della coppia. Altrimenti, starebbe facendo mediazione senza sottoporsi ai limiti deontologici del mediatore.

Conclusioni:
Abbiamo esaminato l’importanza della collaborazione fra avvocati e mediatori e, per ciò, il bisogno di stabilire chiaramente quali sono le competenze di ognuno. Non intendevo tanto offrire una soluzione definitiva di questo problema quanto suscitare un dibattito fra avvocati e mediatori per raggiungere una definizione condivisa delle loro funzioni, forse diversa in ogni paese. In questo modo si genererà la fiducia dei professionisti e del pubblico e si favorirà lo sviluppo della mediazione.


Note

1 Inquesto senso, Parkinson (2003) dice che “i legali sono custodi autorevoli del passaggio verso il processo di mediazione” (Pag. 29). Cárdenas (1999) li considera “miembros importantes – aunque, es de esperar, efímeros - de la familia extensa de los protagonistas” (Pag. 25) Inoltre, Irving, Benjamin (in Ardone, Mazzoni, 1994) descrivono tre modi in cui gli avvocati possono bloccare la mediazione (“Mediazione Familiare”pag. 205)

2 In Spagna dalla promulgazione della legge del Divorzio (1981) gli avvocatihanno svolto questo compito e anche per il loro merito più del 50 per 100 delle cause matrimoniali (prevalentemente nelle separazioni) seguono la procedura consensuale. In pratica la maggioranza degli avvocati di famiglia sono soliti tentare la via della negoziazione prima di ricorrere al contenzioso.


3 Vedi il Prologo di Liborio L. Hierro (pag. 14) alla 2° edizione del libro di Bernal “La mediación…” (2002)


4 Parkinson “La Mediazione Familiare...” (2003) pag. 29


5 Parkinson (2003) Op. Cit. pag. 30


6 Come Lisa Parkinson (2003) ci ricorda: “Nel confronto fra la mediazione e il processo si tende spesso a dipingere la mediazione come “buona” e il processo in tribunale come “cattivo”. Questo semplicistico giudizio di valore non rende giustizia a nessuno dei due sistemi..”. [Op. Cit. pag. 30] Vedi anche Sánchez Durán “La mediación, ¿medio «alternativo»...” (2001) pag 78.


7 Al meno è quello che mi pare aver percepito fra alcuni dei miei allievi, procedenti da altre professioni, all’inizio della formazione in mediazione familiare.

8 E’ questo è coerente con il paradigma cultural “vincente/perdente” di risoluzioni dei conflitti vigente nella nostra società.


9 Vedi legge 1/2001, di 15 di marzo di Catalogna; legge 4/2001 di 31 di maggiodi Galizia; legge 7/2001, di 26 di novembre di Valencia e legge 15/2003, di8 di aprile delle Canarie. Gli Ordini Professionali in genere stanno svolgendoun importante ruolo nella formazione, gestione ed amministrazione di tuttoil sistema.Vedi Sánchez Durán “Breve panoramica …” (2003)


10 In Spagna, prima e dopo la riforma del Codice di Procedura Civile (2000)l’avvocato è una presenza obbligata per legge in tutte le cause di separazione e divorzio in Spagna, consensuali o contenziose che siano, ed anche in genere in tutte le cause di diritto di famiglia. A mio parere, questa circostanza offre prospettive un po’ diverse di quella che è la realtà italiana


11 L’avvocato spesso fa qualcosa in più: “riformula” i fatti raccontati dal cliente e le sue pretese per adattarle a quello che stabilisce la legge applicabile, avendo conto anche delle prove disponibili. Così prepara la sua strategia per negoziare o per presentare la causa.


12 Il Codice Spagnolo di Procedura Civile del 2000 prevede (art. 19, 4) lapossibilità di sospensione delle procedure civili quando si tenta una transazione a richiesta delle parti. Infatti, queste dovranno richiederlo a i loro legali [Vedi anche punto 6 (a) della Proposta di legge relativa alla mediazione familiare redatta dal Forum Europeo per l’Italia. In Bassoli et altri “Mediazione sistemica” pag. 82]


13 Il benessere di tutta la famiglia trarrà vantaggi anche al suo cliente.


14 Bernal “La Mediación: una solución …” pag. 53

15 Bustelo, Sánchez Durán “Haciendo mediación …” pag 10


16 Bernal Op. Cit. pag. 54


17 Tra i cui dovrebbe anche includere l’interesse della famiglia e della prole, per le speciali caratteristiche del Diritto di famiglia.


18 Marlow “Mediación Familiar…” pag 174

19 perché sono questi che danno concretezza alla generalità della norma giuridica: non c’è una sola risposta corretta ma tante.

20 Questa ultima attività dovrebbe sempre essere fatta con molta attenzione per l’enorme responsabilità che comporta. L’avvocato può informare sulle diverse possibili azioni da intraprendere, rendendo consapevole il cliente dei vantaggi e rischi giuridici di ognuna, ma la decisione finale spetterà sempre al cliente, e questa non dipende mai dai soli fattori con rilevanza giuridica (che sono gli unici sui cui un avvocato potrebbe opinare).


21 Possibilità esistente tanto nel Diritto spagnolo quanto in quello italiano.

22 L’intervento di un solo consulente giuridico di fiducia per entrambi partners, familiarizzato con la mediazione, sarebbe molto facilitante, ma non è possibile in tutti i casi. Dall’altro, l’esistenza di due legali può anche trarre vantaggi: per esempio, rassicurare le parti sulle informazioni ricevute.


23 O anche altri professionisti.


24 Vedi Parkinson “Family Mediation” (1997) pag. 82; ed anche Proposta di legge per l’Italia... Op. Cit. Pag. 77, punti 1 (1) e 1(2).

25 Vedi art. 14 (Legge di Catalogna), art. 14, 2 (Legge di Galizia) e art. 8, 4° comma (Legge di Valencia)


26 Modello chiamato “anchor mediation” o “mediazione di ancoraggio". Vedi Parkinson “La mediazione familiare…” Pag. 83


27 Vedi Cárdenas (1999) pag. 83; e Marlow, op. Cit. Pag. 169-172


28 Secondo il modello Interdisciplinare della AIEEF (“Associazione Interdisciplinare Spagnola Studi sulla Famiglia”) in cui mi sono formata. Vedi anche Codice Deontológico AIMS in Bassoli et altri, “Mediazione Sistemica” art. 5, pag. 73)


29 Che è diverso della multidisciplinarietà. Vedi Bustelo, Sánchez Durán. “Haciendo Mediación…” pag. 5

30 Vedi anche Codice Deontologico AIMS art. 7


31 Se i genitori pensano che l’accordo rispetta l’interesse dei figli e sempre che esista alcuna possibilità di addurre argomenti a sostegno dell’accordo, in primo o secondo grado.

32 Il termine “avvocato- mediatore” può portare ad errore.

33 Nel caso contrario è comprensibile che gli avvocati siano esonerati dal fare il “modulo giuridico” dei programmi di formazione in mediazione familiare, come stabilisce in Catalogna il Decreto 237/2002, del 3 di luglio.


34 Per ulteriore approfondimento vedi Sánchez Durán “Ways of...” Tavola Rotonda (2003), n.1-2, pag. 24-26


35 Idealmente, con un co-mediatore o secondo mediatore dell’altro sesso e con formazione di base psico-sociale) soprattutto quando esistano “problematiche difficoltose riguardanti i figli o, comunque, situazioni di elevata conflittualità …[per aiutare] l’avvocato mediatore a gestire gli squilibri di potere e a generare nuove possibilità di scelta.” Parkinson (2003) Pag. 82.


36 Vedi art. 5 Codice Deontologico AIMS e punto 4 C. deontologico SIMeF; Grebe “La mediazione strutturata” in Ardone, Mazzoni (1994) pag. 181; art. 22, 5 Decreto 139/2002, del 14 di maggio sulla mediazione familiare in Catalogna. Questo spazio sarà dedicato ad accogliere quesiti inerenti normative,leggi, regolamentazione attuale e futura dell’attività di Mediazione Familiare.

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