14 apr 2007

LE FUNZIONI GENITORIALI NELLE FAMIGLIE RICOMPOSTE

Chantal Van Cutsem

Neuropsichiatra infantile all’Ospedale per bambini e adolescenti “La petite Maison” a Chastre, responsabile della formazione al Centro Studi sulla Famiglia e sui Sistemi di Bruxelles. Sito web del C.E.F.S. http://users.skynet.be/cefs


I. Introduzione


Il lavoro in un ospedale psichiatrico per bambini e adolescenti si confronta con situazioni complesse per le quali i servizi ambulatoriali spesso non sono sufficienti. I giovani presentano infatti dei comportamenti complessi accompagnati da disinserimenti scolastici e familiari che richiedono una temporanea presa di distanza; si tratta del periodo di ospedalizzazione. Fin dal primo colloquio, se viene data l’indicazione di ospedalizzazione, ci consultiamo con la scuola e la/le famiglie in previsione dell’uscita, dell’organizzazione dei week-end, ecc. Questa consultazione con la famiglia è presente sia nella nostra pratica ospedaliera che in quella ambulatoriale. Dunque quando incontriamo dei bambini o degli adolescenti, invitiamo anche i membri della loro famiglia. Oggi, essendo le famiglie a geometria variabile, le funzioni genitoriali sono spesso svolte da più di due persone. Nelle famiglie nucleari nelle quali troviamo padre, madre e figlio, è abbastanza semplice invitare i due genitori. Nelle famiglie separate o ricomposte le funzioni genitoriali sono spesso svolte da più adulti. Definiremo brevemente la famiglia ricomposta, le funzioni genitoriali, in seguito esporremo alcuni elementi della nostra pratica e infine li illustreremo attraverso due situazioni cliniche.


II. Definizione della famiglia ricomposta


In “La famille recomposée, entre défi et incertitude” la famiglia ricomposta è definita in questi termini: dopo un’esperienza di interruzione della famiglia nucleare da almeno uno dei due coniugi, viene operata una nuova scelta del partner mettendo così in evidenza una nuova coppia, sposata o meno, e dei bambini facenti parte di uno o più nuclei familiari precedenti.
I bambini provenienti biologicamente da una nuova coppia possono anch’essi far parte di questa famiglia. La famiglia ricomposta sarà una delle unità dell’insieme della famiglia la quale comprenderà i diversi sistemi e il bacino delle loro relazioni in continua evoluzione nel tempo. L’arrivo di un nuovo partner in una famiglia monoparentale crea così una famiglia ricomposta.


III. Le funzioni genitoriali: biologica, legale, affettiva


Possiamo definire tre funzioni genitoriali: una funzione biologica, legale e affettiva così come descritto da F. Hurstel. Per la madre, le funzioni biologiche e legali sono sovrapponibili. Infatti, nel momento in cui una donna partorisce è dichiarata legalmente come madre di quel bambino. In Francia, al contrario, c’è una possibile eccezione: una donna può partorire in segreto, il legame tra maternità biologica e legale è dunque interrotto. Tuttavia questa eccezione suscita molti dibattiti. In effetti si può comprendere chiaramente il diritto di una donna a partorire in segreto così come si può comprendere il diritto di un figlio di avere accesso alle proprie origini.
Le funzioni biologiche e legali possono essere disgiunte per esempio in caso di adozione; la madre biologica in questo caso non è la madre legale.


La madre affettiva è colei che ricopre una funzione materna affettiva. Questa funzione può essere assunta dalla madre, dalla nonna se sarà lei ad allevare il bambino, dalla madre di una famiglia di accoglienza, da una persona particolare e stabile di un ambito di accoglienza istituzionale ecc. Questa funzione affettiva può anche essere condivisa da più persone.
La matrigna o la compagna del padre svolge una funzione particolare. È spesso in competizione con la madre almeno al momento della ricomposizione. Se il figlio è molto giovane, la condivisione della funzione materna sarà particolarmente delicata. Di fatto la cura del corpo, l’abbigliamento, i pasti sono altrettante occasioni di disaccordo. Spesso la madre si considera la sola ad avere il diritto di occuparsi del corpo del suo bambino e sopporta male che la partner del padre tagli i capelli al bambino, lo vesta in un certo modo, prepari un certo cibo particolare. La condivisione di questa funzione materna è dunque difficile da accettare.


Nella nostra società, la funzione biologica, materna è meglio definita rispetto alla funzione sociale, paterna. Ciò implica che la condivisione delle responsabilità tra donne diverse che si occupano del bambino sarà più conflittuale rispetto alla condivisione di una funzione genitoriale tra due uomini. Se il bambino vive con sua madre, è evidente che sarà lei ad occuparsi delle visite mediche, dei controlli dal dentista, ecc. Le questioni riguardanti il corpo del bambino coinvolgeranno maggiormente la madre, e la compagna del padre potrà avere difficoltà qualche volta a precisare il suo ruolo a questo livello. In effetti se il bambino chiede come nascono i bambini, se l’adolescente chiede spiegazioni sulla contraccezione, chi deve rispondere? Colui al quale è stata posta la domanda? Il genitore con il quale il bambino vive? Chi si sente autorizzato a intervenire? Come dividere la questione con l’altra coppia genitoriale?


Le responsabilità educative di ogni coppia variano secondo l’idea che esse hanno delle loro funzioni e cambiano seguendo l’evoluzione dei figli. Spesso questi ultimi sono gli intermediari attraverso i quali l’informazione passa da un sistema all’altro.


Un altro compito della partner del padre consiste nel facilitare la relazione dei figli con quest’ultimo. La madre generalmente fa da intermediario nella situazione rispetto al padre. Si tratta di un triangolo relazionale che si osserva frequentemente nelle famiglie nucleari.


In una famiglia ricomposta sarà la partner del padre a riprendere questa funzione, anche se la eserciterà a molta distanza. Ad esempio, se il bambino ha bisogno di un vestito particolare per una festa a scuola, è probabile che si rivolga alla compagna del padre come farebbe con la madre se vivesse con lei. Se si rivolge al padre, senza dubbio quest’ultimo tenterà di risolvere la questione rivolgendosi alla compagna, alla ex-moglie o a una nonna. Quel che riguarda il corpo del bambino in generale continua ad appartenere ad una funzione materna nella rappresentazione degli uomini, delle donne o dei bambini. La divisione sessuale dei ruoli all’interno della famiglia serve dunque anche come cornice di riferimento alle attività degli uni o degli altri. La partner del padre introduce la femminilità nel nuovo sistema familiare. Rapidamente i figli segnalano un importante cambiamento di vita nell’organizzazione della casa. La funzione materna, assunta in larga parte dalla donna nella nostra società, è ripresa abbastanza spontaneamente dalla partner del padre.


Quando il medico riceve in consultazione un bambino e due adulti, immagina che si tratti dei due genitori del bambino o immagina forse che possa trattarsi di una famiglia ricomposta? A quale funzione genitoriale rivolgersi, chi informare, la situazione cambia se la malattia è benigna o grave? E se un sistema familiare si curasse con l’allopatia e l’altro con l’omeopatia? Bisognerà rivolgersi alla donna che si occupa in generale della cura del bambino, e se questa non è la madre?
Tali questioni si presentano sempre più spesso e meritano la nostra attenzione.


Pertanto quando lavoriamo con famiglie ricomposte possiamo incontrare una donna che è allo stesso tempo madre biologica e legale, e certamente una madre affettiva; questa funzione affettiva può essere ricoperta in parte dalla compagna del padre, la quale non è né la madre biologica né la madre legale.
Per quanto riguarda la funzione paterna si osservano frequentemente situazioni in cui i bambini hanno un padre biologico diverso dal padre legale e dal padre affettivo. Queste tre funzioni sono quindi assolte da persone diverse.


Consideriamo un semplice esempio:
(Figura 1 La famiglia di Alexandre)











La signora Dubois sposa il signor Bertrand e poco tempo dopo lo lascia per Jacques Dupont. Dalla loro relazione nasce Alexandre che porta legalmente il cognome del marito della madre, ossia Bertrand, mentre il padre biologico è J. Dupont. Un anno dopo la signora incontra P. Forest con il quale avrà due figlie dopo il divorzio con il signor Bertrand. Annick e Melissa sono riconosciute da P. Forest che è il loro padre biologico, legale e affettivo. Alexandre Bertrand considera P. Forest come suo padre e lo chiama papà. Egli ricopre la funzione del padre affettivo. Alexandre non ha nessun contatto con il proprio padre biologico né con quello legale benché quest’ultimo conservi diritti e doveri verso suo figlio.


La signora Dubois e il signor Forest vengono per una consulenza con Alexandre il quale presenta dei disturbi ansiosi invalidanti: disturbi del sonno, inizio di fobia scolare, iperventilazione con la necessità di un breve ricovero al pronto soccorso. Durante il colloquio Alexandre ci racconta il suo grande timore per la salute della madre. Quest’ultima ha un cancro con prognosi riservata e se dovesse morire sarebbe il padre legale, ossia il signor Bertrand, a dover assumere la responsabilità di suo figlio, dato che il signor Forest non ha nessun diritto rispetto a Alexandre. Affinché il signor Forest diventi il padre legale di Alexandre dovrebbe adottarlo dopo che il signor Bertrand avesse chiesto e ottenuto un disconoscimento di paternità. Bisognerebbe dunque riprendere i contatti con lui; questo aspetto suscita dibattiti in famiglia.


Oltre all’angoscia legata alla malattia della madre, Alexandre si deve confrontare con l’incertezza del proprio avvenire, sentimento condiviso da tutta la famiglia. Per iniziare la presa in carico terapeutica di Alexandre abbiamo bisogno dell’accordo del padre legale; questo contatto permetterà di valutare il suo coinvolgimento nei confronti del figlio alla luce dei recenti avvenimenti.


Una delle caratteristiche delle famiglie ricomposte consiste dunque nel fatto che le funzioni genitoriali materne o paterne possono essere assolte da più persone allo stesso tempo. Questo è uno degli argomenti dell’opera collettiva « La parentalité, défi pour le troisième millénaire ».
Ipotizziamo quindi un minimo di intesa tra questi adulti e tra i loro rispettivi congiunti affinché si realizzi una coerenza educativa.


IV. La nostra pratica durante gli incontri con famiglie ricomposte


Quando un bambino o un adolescente presentano dei disturbi del comportamento noi invitiamo anche i membri della famiglia che sono coinvolti e in ogni caso le funzioni genitoriali che li circondano. Generalmente invitiamo tutte le funzioni genitoriali insieme e, spesso in relazione al livello di conflitto esistente, abbiamo un contatto telefonico o una risposta per segnalare che verranno ad esempio il padre e la sua compagna o la madre con il compagno o il padre e la madre, e questo ci dà già un’idea delle relazioni esistenti. In ogni caso incontriamo sempre i genitori legali, perché un trattamento medico non può iniziare se non con l’accordo dei rappresentanti legali del bambino. Questo aspetto che potrebbe sembrare una formalità è estremamente importante poiché permette, ancor prima di avviare un processo terapeutico, di coinvolgere i genitori legali e di trovare un minimo consenso in merito all’eventuale trattamento del bambino. Si può dire che il processo terapeutico inizia nel momento in cui il terapeuta tenta di ridefinire il “posto” legale del bambino riferendosi ai suoi genitori. Illustreremo questo tipo di invito attraverso una situazione clinica di un ragazzo arrivato con la richiesta di ospedalizzazione.


Situazione clinica
(Figura 2 La famiglia di Emile nel 2002)


Emile, 13 anni, è inviato dallo psicologo del centro P.M.S della sua scuola.

Abbiamo invitato ad un colloquio Emile, i suoi genitori e ogni persona coinvolta nella sua situazione. Durante il primo colloquio incontriamo Emile ed i suoi genitori legali, suo fratello Thomas e lo psicologo del centro P.M.S., il Dott. Sprumont. Emile si presenta come un adolescente forte, “un pezzo d’uomo”, e con la testa sprofondata nella sua giacca a vento ci spiega rapidamente che ha molti problemi a scuola ed è stato escluso dal trasporto scolastico. Inoltre è stato appena sospeso da scuola per 3 giorni. Lo psicologo del P.M.S. ci racconta che la situazione è diventata molto difficile da qualche mese e che, nonostante sia seguito individualmente, Emile è sempre più violento. In seguito all’aggressione di una sorvegliante del trasposto scolastico, Emile è stato escluso dall’autobus ed è stato chiesto alla famiglia di tenerlo a casa per qualche tempo.


La mamma di Emile ci spiega allora la situazione familiare: è separata dal padre di Emile da 8 anni; all’epoca ha ottenuto la custodia legale di Emile e di Thomas che vivevano con lei. La separazione è avvenuta in circostanze molto violente, riconosciute dallo stesso Richard Dupont, papà di Emile. Egli racconta che in quel periodo beveva molto, era violento ed Emile ha assistito a numerose scene di violenza tra suo padre e sua madre. Sua madre aggiunge che se un giorno Emile non si fosse messo in mezzo tra lei e Richard, probabilmente sarebbe morta; a cinque anni ha impedito a suo padre di uccidere sua madre. Dopo questo episodio la signora si è separata dal marito. La signora ha incontrato Olivier, con il quale vive attualmente, da cui ha avuto il piccolo Kevin che oggi ha cinque anni. Quanto al signor Dupont, racconta di aver trovato una compagna che tutti chiamano “Mimie”, che si è stabilizzato e che adesso hanno una bimba di tre anni. Attualmente sta seguendo uno stage di formazione e otterrà un lavoro fisso entro qualche settimana. La mamma di Emile e Mimie vanno molto d’accordo. La mamma di Emile è la madrina di Gaëlle e, abitando a pochi kilometri di distanza, si organizzano per guardare i bambini quando l’una o l’altra devono fare delle commissioni. Da cinque anni Emile è tornato a vivere con il padre perché vi erano conflitti troppo frequenti tra i tre ragazzi. Inoltre Emile aveva difficoltà a rispettare l’autorità di Olivier in quanto più severo di Richard. Nonostante tutto, dice la mamma, le due coppie vanno abbastanza d’accordo e si trova d’accordo anche con la necessità che Emile sia seguito poiché non vede altre soluzioni. Ci spiega inoltre di avere grande fiducia in Mimie la quale ha passato un periodo davvero difficile con Emile quando quest’ultimo, alla nascita di Gaëlle, ha avuto un episodio di encopresi durato più di sei mesi. Lasciava le feci per tutta la stanza e neanche svariate consulenze psicologiche sono arrivate a capire l’origine del problema. Alla fine dei sei mesi l’encopresi è sparita senza che nessuno potesse fare delle ipotesi precise su quello che era successo.
Lo psicologo del centro P.M.S. evoca l’ipotesi di un eventuale abuso sessuale che si riscontra spesso nei problemi di encopresi ma aggiunge che niente di preciso permette di sostenere l’ipotesi.
Richard spiega che la violenza di Emile è abbastanza normale perché lui stesso, alla sua età, ha cominciato a sviluppare importanti comportamenti trasgressivi e violenti. È stato cresciuto dai suoi nonni paterni che lo lasciavano fare tutto quel che voleva e non erano assolutamente severi. Si è calmato solo durante il servizio militare e in quel periodo è passato più volte dal carcere militare. Richard tiene il discorso con l’aria di chi racconta un film di avventura molto appassionante dicendo al figlio di non assomigliare a lui. Richard si ritiene completamente inadatto per il comportamento di Emile e vorrebbe un aiuto per riuscire a controllarlo. Ci spiega inoltre che Emile è molto importante per lui perché quando l’ex-moglie era incinta, suo padre, Emile, con il quale aveva cominciato a riallacciare una relazione, è morto per un cancro fulminante. Gli ha così promesso che se avesse avuto un maschio, gli avrebbe dato il suo stesso nome.
In seguito a questo primo colloquio proponiamo di incontrare le diverse persone che esercitano una funzione genitoriale rispetto a Emile e invitiamo quindi Richard Dupont e Mimie, Martine e Olivier con lo scopo di precisare le loro attese e aspettative in rapporto ad un trattamento di Emile e, se ciò si realizzerà, di organizzare con loro i rientri a casa nel week-end. Inizialmente quando i bambini soggiornano nel nostro istituto ritornano un week-end a casa del padre e un week-end a casa della madre. Incontriamo quindi una volta su due il padre e la sua compagna e l’altra settimana la madre e il suo compagno. Inoltre incontriamo regolarmente le quattro funzioni genitoriali tutte insieme quando si tratta di fare un bilancio, di organizzare le vacanze o di fare il punto del percorso terapeutico.
Al secondo incontro arrivano Richard Dupont e Mimie accompagnati da Emile. Mimie di primo acchito prende la parola e ci consegna una lettera scritta dalla mamma di Emile.
Riportiamo il suo contenuto integrale:


Alla Dott.ssa VAN CUTSEM,

Con la presente, tengo ad informarvi che non mi presenterò alla riunione organizzata per il 15 aprile alle 10 riguardante mio figlio DUPONT Emile per le ragioni esposte di seguito:
- Siamo nel periodo delle vacanze e non so dove lasciare gli altri bambini
per poter venire all’incontro.
- Inoltre al nostro primo colloquio sono rimasta davvero sorpresa nell’apprendere tutto quel che aveva fatto mio figlio. È vero che non vive a casa mia, quindi io conosco davvero poche cose sul suo conto.
- Emile non si preoccupa assolutamente del fatto di avere una mamma tranne che per i vantaggi che ne ricava (ne abbiamo fatto esperienza).
Per esempio non telefona mai per avere notizie, non mi invita mai a nessuna festa o altra manifestazione organizzata dalla scuola (eccetto quando Mimie gli fa capire che ha una madre).
Per Emile conta soltanto la famiglia del suo papà.

È vero che sono cinque anni che abita con suo papà ma non sono
stata io a volere questa situazione.

Io mi batto da molto tempo per ottenere un po’ di amore e di rispetto da parte di mio figlio, invano.
Contrariamente a quel che si potrebbe credere io amo mio figlio, non lo ho mai abbandonato e non sono una madre indegna.
Io voglio e auguro tutto quel che c’è di meglio per lui.
Quindi, in relazione a tutte queste cose, ho avuto una discussione con suo padre e con Mimie ed abbiamo deciso quanto segue:
DUPONT Richard deve riprendere la custodia completa e legale di suo figlio DUPONT Emile. Inoltre autorizzo “MIMIE” ad agire in mio nome per tutto ciò che riguarda Emile.
Io so che farà tutto il possibile per il bene di Emile.
Lei sarà alla riunione al posto mio per rappresentarmi.
Non crediate che io mi disinteressi di tutto quel che riguarda mio figlio, perché tengo a sapere e ad essere informata di qualsiasi evoluzione che lo riguardi, ma devo aspettare che si renda conto che io lo amo e che sarà sempre mio figlio.

Vi porgo, Dott.ssa Van Cutsem, i miei distinti saluti.

La mamma di Emile.



Senza soffermarsi troppo in dettaglio sul seguito del processo, si può dire che in questa situazione i nostri tentativi per chiarire le funzioni genitoriali portano a una nuova definizione da parte dei due sistemi familiari. Sembra che ogni sistema voglia considerarsi come un sistema nucleare cercando di riunire su di una sola donna le funzioni legali e affettive, dicendo però che la funzione affettiva è comunque attesa da Martine. Martine chiede anche a Richard di riprendere chiaramente la responsabilità legale di suo figlio e Olivier non è neanche menzionato. Siamo in presenza di una retrocessione dei due sistemi ricomposti di fronte al tentativo di ridefinizione delle funzioni, e la situazione di Emile non appare affatto semplice. A quali famiglie appartiene? La situazione di Thomas è la stessa? Che legami possono esistere tra i due fratelli e tra i quattro fratellastri e sorellastre? Come si ripartiscono le funzioni genitoriali? Come si organizzano gli adulti per definire la loro funzione genitoriale? Tutte queste domande e i loro legami con il paziente designato necessitano di un approfondimento al momento della presa in carico di questa situazione.


Se coloro che intervengono accettano questa definizione di nuova famiglia nucleare, questa può avere molte conseguenze:


1. Emile può perdere una relazione diretta con la madre ed il suo sistema familiare, questo potrebbe causare problemi dal punto di vista di lealtà e di debito nei confronti della madre.
2. Mimie assolverebbe alla funzione di madre “al 100%” legittimata da Martine, questo fa supporre che le donne organizzino la genitorialità affettiva e gli uomini seguano le loro proposte. Se la genitorialità affettiva diventa ciò che organizza le relazioni, qual è la funzione della genitorialità legale? Se un giorno Richard Dupont si separa da Mimie, che cosa diventa e che cosa resta di questa funzione materna?


3. Emile rischia di perdere una relazione con suo fratello e con il fratellastro. Thomas diventerebbe il “figlio” di sua madre e lui, il “figlio” di suo padre.
Abbiamo tentato dunque di mantenere una relazione con i due sistemi familiari aiutandoli a differenziare le loro funzioni genitoriali. La questione non consiste nell’assumere una sola funzione materna ma piuttosto di dividere questa funzione tra due donne in due nuclei familiari diversi. La stessa cosa accade per la funzione paterna.
Coloro che intervengono dovranno uscire dalla cornice delle definizioni abituali delle famiglie nucleari (padre – madre – bambino) per allargare il loro punto di vista. Ogni famiglia ricomposta presenterà una situazione diversa e l’accordo implicito degli adulti causerà spesso un problema. Sarà quindi opportuno esplicitarlo anche se certi conflitti continueranno.
L’operatore che interviene, cercando di percepire la definizione delle funzioni di ciascuno, potrà così identificarsi con il bambino il quale, nel quotidiano, vive al centro di definizioni sfumate e incerte.


V. Conclusioni


L’incarico di seguire famiglie in via di separazione o di ricomposizione pone tra le altre la questione della divisione delle funzioni genitoriali. Gli operatori si confrontano così con delle strutture familiari nuove nelle quali le funzioni biologiche, legali e affettive possono essere ripartite tra persone diverse. Queste situazioni implicano una nuova rappresentazione delle strutture familiari e un lavoro adattato a ciascuno di questi sistemi.



LES
FONCTIONS PARENTALES DANS LE FAMILLES RECOMPOSÉES



I. Introduction


Le travail dans un hôpital psychiatrique pour enfants et adolescents concerne des situations complexes où les prises en charge ambulatoires souvent ne suffisent plus. Les jeunes présentent donc des comportements complexes avec désinsertions scolaires et familiales qui requièrent une prise de distance passagère; c’est le temps de l’hospitalisation. Dès le premier entretien, si une indication d’hospitalisation est posée, nous nous concertons avec l’école et la ou les familles en prévision de la sortie, de l’organisation des week-ends, etc… Cette concertation avec la famille est valable tant dans notre pratique hospitalière qu’ambulatoire. Donc, lorsque nous rencontrons des enfants et des adolescents, nous invitons les membres de leur famille. Les familles étant maintenant à géométrie variable, les fonctions parentales sont souvent occupées par plus de deux personnes. Dans les familles nucléaires où nous trouvons père, mère, enfant, il est assez simple d’inviter les deux parents. Dans les familles séparées ou recomposées, souvent les fonctions parentales sont occupées par plusieurs adultes. Nous allons brièvement définir la famille recomposée, les fonctions parentales, ensuite, exposer quelques éléments de notre pratique et enfin l’illustrer par deux situations cliniques.


II.
Définition de la famille recomposée.


Dans « La famille recomposée, entre défi et incertitude », elle est définie en ces termes: après une expérience interrompue de famille nucléaire d’au moins un des deux conjoints, un nouveau choix de partenaire s’opère mettant ainsi en présence un nouveau couple, marié ou non, et des enfants ayant fait partie d’un ou de plusieurs noyaux familiaux antérieurs. Des enfants issus biologiquement du nouveau couple peuvent aussi faire partie de ce foyer. Le foyer recomposé sera une des unités de l’ensemble de la famille, qui comprendra les différents systèmes et le réseau de leurs relations évoluant dans le temps. L’arrivée d’un nouveau partenaire dans une famille monoparentale crée aussi une famille recomposée.


III.
Les fonctions parentales: biologique, légale, affective.


Elles sont au nombre de trois: nous pouvons trouver une fonction biologique, légale et affective, comme le décrit F. Hurstel. Pour la mère, les fonctions biologiques et légales sont superposables. En effet, lorsqu’une femme accouche, elle est déclarée légalement la mère de cet enfant. En France, par contre il y a une exception possible: une femme peut accoucher sous X, le lien entre la maternité biologique et légale est alors rompu. Cette exception est d’ailleurs l’occasion d’âpres débats. En effet, on peut bien comprendre que la femme ait le droit d’accoucher dans le secret comme on peut bien comprendre le droit de l’enfant à avoir accès à ses origines.


Les fonctions biologiques et légales peuvent être disjointes par exemple en cas d’adoption; la mère biologique n’est alors pas la mère légale de l’enfant.


La mère affective est celle qui remplit une fonction maternelle affective. Cette fonction peut être assumée par la mère, la grand-mère si elle élève l’enfant, la mère d’une famille d’accueil, une personne particulière et stable d’un milieu d’accueil institutionnel, etc. Cette fonction affective peut aussi être partagée par plusieurs personnes.
La belle-mère ou la compagne du père remplit une fonction particulière. Elle est souvent en compétition avec la mère au moins à un moment du processus de recomposition. Si l'enfant est très jeune, le partage de la fonction maternelle sera particulièrement délicat. En effet, les soins du corps, l'habillement, les repas, sont autant d'occasions de désaccord. Souvent, la mère estime qu'elle seule a le droit de s'occuper du corps de son enfant et supporte mal par exemple que la partenaire du père coupe les cheveux de l'enfant, l'habille d'une certaine manière, prépare telle ou telle nourriture un peu particulière. Le partage de cette fonction maternelle est donc difficile à accepter.


Dans notre société, la fonction biologique, maternelle est mieux définie que la fonction sociale, paternelle. Cela implique que le partage des responsabilités entre différentes femmes s'occupant de l'enfant sera plus conflictuel que le partage d'une fonction parentale entre deux hommes. Si l'enfant réside chez sa mère, il semble évident qu'elle assumera le suivi médical, les consultations chez le dentiste, etc... Les questions touchant au corps de l'enfant concerneront davantage la mère et la partenaire du père aura parfois du mal à préciser sa place à ce niveau. En effet, si l'enfant demande comment naissent les bébés, si l'adolescente parle de contraception, qui doit répondre? Celui à qui la question est posée? Le parent chez lequel l’enfant réside? Qui se sent autorisé à intervenir? Comment partager cette question avec l'autre couple parental?


Les responsabilités éducatives de chaque couple varient selon l'idée qu'ils ont de leurs fonctions et elles changent suivant l'évolution des enfants. Souvent, ces derniers sont les intermédiaires par lesquels l'information passe d'un système à l'autre.


Une autre tâche de la partenaire du père est de faciliter la relation entre les enfants et celui-ci. La mère en règle générale médiatise la situation vis-à-vis du père. C'est un triangle relationnel fréquemment observé dans la famille nucléaire.


Dans la famille recomposée, la partenaire du père reprendra cette fonction même si elle l'applique avec davantage de distance. Par exemple, si l’enfant a besoin d’un vêtement particulier pour une fête scolaire, il est probable qu’il s’adressera à l’amie du père comme il le ferait à sa mère s’il séjournait chez elle. S’il s’adresse au père, sans doute celui-ci tentera-t-il de résoudre la question en interrogeant sa compagne ou son ex-épouse, ou une grand-mère. En effet, ce qui touche au corps de l’enfant, continue en général à appartenir à une fonction maternelle que ce soit dans la représentation des hommes, des femmes ou des enfants. La division sexuelle des rôles dans la famille sert donc aussi de cadre de référence aux activités des uns et des autres. La partenaire du père introduit la féminité dans le nouveau système familial. Très vite, les enfants signalent un changement de vie important dans l'organisation de la maison. La fonction maternelle assumée en grande partie par la femme dans notre société est reprise assez spontanément par la partenaire du père.


Le médecin recevant en consultation un enfant et deux adultes imagine-t-il que ceux-ci sont les parents de l’enfant ou qu’il s’agit peut-être d’une famille recomposée? A quelle fonction parentale s’adresser, qui informer, la situation est-elle différente si la maladie est bénigne ou grave? Et si un système familial se soigne par allopathie et l’autre par homéopathie? Va-t-il s’adresser à la femme qui, en général, assume les soins du corps, et si elle n’est pas la mère? Ces questions se posent de plus en plus fréquemment et méritent qu’on s’y attarde.


Donc, lorsque nous travaillons avec des familles recomposées nous pouvons rencontrer une femme qui est une mère biologique et légale et aussi, bien sûr, une mère affective; cette fonction affective peut aussi être remplie en partie par la compagne du père qui, elle, n’est pas la mère biologique ni légale.


Pour la fonction paternelle, on trouve fréquemment des situations où les enfants ont un père biologique différent du père légal et du père affectif. Ces trois fonctions sont donc assez fréquemment remplies par des personnes différentes.


(Figure 2.)
Madame Dubois épouse Monsieur Bertrand et peu de temps après, elle le quitte pour Jacques Dupont. De leur relation naît Alexandre qui porte légalement le nom du mari de la mère c’est-à-dire Bertrand, son père biologique étant J. Dupont. Un an plus tard, elle rencontre P. Forest avec lequel elle aura deux filles après son divorce avec Monsieur Bertrand. Annick et Melissa sont reconnues par P. Forest qui est leur père biologique, légal et affectif. Alexandre Bertrand considère P. Forest comme son père et l’appelle papa. Il remplit la fonction de père affectif. Alexandre n’a aucun contact avec son père biologique ni avec son père légal bien que celui-ci conserve ses droits et devoirs envers son fils.


Madame Dubois et Monsieur Forest consultent avec Alexandre qui présente des troubles anxieux invalidants: trouble du sommeil, début de phobie scolaire, hyperventilation ayant nécessité un bref séjour en salle d’urgence. Au cours de cet entretien, Alexandre nous parle de sa crainte vis à vis de la santé de sa mère. Celle-ci est atteinte d’un cancer dont le pronostic est réservé et si elle venait à décéder, Monsieur Forest n’ayant aucun droit vis à vis d’Alexandre, c’est le père légal, Monsieur Bertrand qui devrait assumer la responsabilité de son fils. Pour que Monsieur Forest devienne le père légal d’Alexandre, il devrait l’adopter après que Monsieur Bertrand ait demandé et obtenu un désaveu de paternité. Il faut donc reprendre contact avec lui, ce qui suscite d’âpres débats dans la famille.


En plus de l’angoisse liée à la maladie de sa maman, Alexandre est confronté à l’incertitude quant à son avenir, sentiment que partage toute la famille. Pour commencer la prise en charge thérapeutique d’Alexandre, nous avons besoin de l’accord de son père légal; ce contact permettra d’évaluer son implication vis-à-vis de son fils à la lumière des nouveaux événements.


Donc, une des caractéristiques des familles recomposées est que les fonctions parentales maternelles ou paternelles peuvent être remplies par plusieurs personnes en même temps. C’est un des arguments de l’ouvrage collectif « La parentalité, défi pour le troisième millénaire ». Nous supposons donc un minimum d’entente entre ces adultes et entre leurs conjoints respectifs pour qu’une cohérence éducative se construise.


IV.
Notre pratique lors de la rencontre des familles recomposées.


Lorsqu’un enfant ou un adolescent présente des troubles du comportement nous l’invitons ainsi que les membres de sa famille qui sont concernés et en tous cas les fonctions parentales qui l’entourent. En général, nous invitons toutes les fonctions parentales ensemble et souvent suivant le niveau de conflit existant, nous avons un appel téléphonique ou une réponse signalant que viendront par exemple le père et sa compagne ou la mère et son compagnon ou le père et la mère ce qui déjà nous donne une idée des relations existantes. De toute manière, nous rencontrons toujours les parents légaux car un traitement médical ne peut commencer qu’avec l’accord des représentants légaux de l’enfant. Cette demande qui peut sembler être une formalité est extrêmement importante car elle permet, avant même d’entamer une démarche thérapeutique, d’impliquer les parents légaux et de trouver un minimum de consensus concernant l’éventuel traitement de l’enfant. On peut dire que le processus thérapeutique commence dès que le thérapeute tente de redéfinir cette place légale de l’enfant en concernant ses parents. Nous allons illustrer cette invitation par une situation clinique d’un jeune arrivant pour une demande d’hospitalisation.


Situation clinique
(Figure 2.)


Emile, 13 ans, nous est adressé par le psychologue du centre P.M.S. de son école. Nous avons donc invité à la consultation Emile, ses parents et toute personne concernée par sa situation. Au premier entretien nous rencontrons donc Emile et ses parents légaux, son frère Thomas ainsi que le psychologue du centre P.M.S., Monsieur Sprumont. Emile se présente comme un adolescent costaud, bien bâti, la tête enfoncée dans son anorak nous expliquant rapidement qu’il a beaucoup de problèmes à l’école et qu’il est exclu du transport scolaire. Il vient d’ailleurs d’être renvoyé de l’école pour 3 jours. Le psychologue du P.M.S. nous dit que la situation est très difficile depuis quelques mois et que, malgré une prise en charge individuelle, Emile est de plus en plus violent. Suite à une agression sur la surveillante du transport scolaire il a été exclu du bus et on a alors demandé à la famille de le garder quelques temps à la maison.
La maman d’Emile nous explique alors la situation familiale: elle est séparée du papa d’Emile depuis 8 ans; à cette époque elle a eu la garde légale d’Emile et de Thomas qui vivaient avec elle. La séparation s’est passée dans des circonstances très violentes ce que reconnaît Richard Dupont, le papa d’Emile. Il dit qu’à cette époque il buvait beaucoup, était très violent et qu’Emile a assisté à de nombreuses scènes de violence entre son père et sa mère. Sa mère ajoute qu’un jour si Emile ne s’était pas interposé entre elle et Richard, elle serait probablement morte car c’est lui qui, à cinq ans, a empêché son père de tuer sa mère. Suite à cet épisode madame s’est séparée de son mari. Elle a rencontré Olivier avec lequel elle vit et ils ont eu un petit Kevin âgé maintenant de cinq ans. Monsieur, quant à lui, nous dit qu’il a rencontré une compagne que chacun appelle « Mimie », qu’il s’est stabilisé et qu’ils ont une petite fille de trois ans. Il suit actuellement un stage et va obtenir un emploi fixe d’ici quelques semaines. La maman d’Emile et Mimie s’entendent très bien. La maman d’Emile est la marraine de Gaëlle et, habitant à quelques kilomètres l’une de l’autre, elles s’organisent pour garder les enfants quand l’une ou l’autre doit aller faire certaines courses. Depuis cinq ans, Emile est retourné vivre chez son père car il y avait des conflits fréquents entre les trois garçons. De plus, Olivier étant plus sévère que Richard, Emile avait du mal à respecter son autorité. Malgré tout, dit la maman, les deux couples s’entendent assez bien et elle est d’accord que son fils soit pris en charge car elle ne voit pas d’autre solution. Elle nous explique avoir grande confiance en Mimie qui a passé un moment très difficile avec Emile lorsque celui-ci a vécu un épisode d’encoprésie de plus de six mois à la naissance de Gaëlle. Il étendait ses selles partout dans la chambre et diverses consultations psychologiques ne sont pas venues à bout du problème, disent-ils. Au bout de six mois l’encoprésie s’est arrêtée sans que l’on ait pu avoir d’hypothèses très nettes sur ce qui s’était passé. Le psychologue du centre P.M.S. évoque l’hypothèse d’un éventuel abus sexuel qu’on rencontre souvent dans les problèmes d’encoprésie mais, dit-il, rien de précis ne permet de retenir cette idée.


Richard quant à lui explique que la violence d’Emile est assez normale car lui-même, à son âge, a commencé à développer des comportements de transgression et de violence importants. Il était alors élevé par ses grands-parents paternels qui, dit-il, l’ont laissé faire ce qu’il voulait et n’étaient absolument pas sévères. Il s’est calmé lorsqu’il était au service militaire et il a, à cette époque, fait de nombreux séjours en prison à l’armée. Il nous tient ce discours avec l’air de quelqu’un qui raconte un film d’aventures passionnant tout en disant à son fils de ne pas lui ressembler. Richard s’estime complètement dépassé par le comportement d’Emile et voudrait de l’aide pour arriver, dit-il, à le contrôler. Il nous explique aussi qu’Emile est très important pour lui car, lorsque son ex-épouse était enceinte, son propre père, Emile, avec lequel il avait commencé à renouer une relation est décédé d’un cancer foudroyant. Il lui a alors promis de donner à son enfant le même prénom si c’était un fils.


Suite à ce premier entretien, nous proposons de rencontrer les différentes personnes qui exercent une fonction parentale vis-à-vis d’Emile et nous invitons donc Richard Dupont et Mimie, Martine et Olivier afin de préciser leurs attentes par rapport à la prise en charge d’Emile et, si elle se réalise, d’organiser avec eux les retours en week-end. En principe lorsque les enfants séjournent dans notre institution ils retournent un week-end chez leur père et un week-end chez leur mère. Nous rencontrons donc une fois sur deux le père et sa compagne et l’autre semaine la mère et son compagnon. Régulièrement nous rencontrons aussi les quatre fonctions parentales ensemble lorsqu’il s’agit de remettre un bilan, d’organiser les vacances ou de faire le point de la prise en charge. Lors du deuxième entretien arrivent Richard Dupont et Mimie accompagnés d’Emile. Mimie d’emblée prend la parole et nous tend une lettre écrite par la maman d’Emile. En voici son contenu intégral:


Au Docteur VAN CUTSEM,

Par la présente, je tiens à vous informer que je ne me présenterai pas à la réunion organisée ce 15 avril à 10H, concernant mon fils DUPONT Emile, et ce pour les raisons évoquées ci-dessous:
-C’est la période des vacances et je ne sais absolument pas placer mes autres enfants pour me rendre à ce rendez-vous.
- Aussi à notre premier entretien, j'ai été assez surprise d’apprendre tout ce qu’avait fait mon fils. Il est vrai qu’il ne vit pas chez moi, donc je ne sais pas tout ou très peu de choses à son sujet.
- Emile ne se préoccupe absolument pas qu’il a une maman sauf par profit,(on en a fait l’expérience).
Par exemple, il ne téléphone jamais pour prendre des nouvelles, ne m’invite jamais à aucune réjouissance ou autre manifestation organisée par l’école (sauf quand Mimie lui fait comprendre qu’il a une maman)
Pour Emile il n’y a que la famille de son papa qui compte.
Il est vrai que cela fait cinq ans qu’il habite chez son papa mais pour moi cette situation, je ne l'ai pas voulue.
Je me bats depuis longtemps pour obtenir un peu d’amour et de respect de la part de mon fils mais en vain.
Contrairement a ce que l’on pourrait croire, j'aime mon fils et jamais je ne l’ai abandonné et je ne suis pas une mère indigne.
Je veux et je souhaite tout ce qu’il y a de mieux pour lui.
Alors, au vu de toutes ces choses, j'ai eu une discussion avec son papa et Mimie et nous avons décidé ce qui suit:
DUPONT Richard doit reprendre la garde complète et 1égale de son fils DUPONT Emile.
Aussi j'autorise « MIMIE » à agir en mon nom pour tout ce qui concerne Emile.
Je sais qu’elle fera tout son possible pour le bien d’Emile.
Elle sera donc à cette réunion en mes lieux et places pour me représenter.
Ne croyez pas que je me désintéresse de tout ce qui concerne mon fils, car je tiens à savoir et à être informée de toute évolution en ce qui le concerne, mais je dois attendre qu’il se rende compte que je l’aime et que ce sera toujours mon fils.

Je vous prie d’agréer, Docteur Van Cutsem, mes salutations distinguées.

La maman d’Emile



Sans expliciter davantage la suite du processus, on peut dire que dans cette situation, nos tentatives pour éclaircir les fonctions parentales aboutissent à une nouvelle définition de la part des deux systèmes familiaux. Il semble que chaque système veuille se considérer comme un système nucléaire en tentant de rassembler sur une seule femme les fonctions légales et affectives, tout en disant que la fonction affective est quand même espérée par Martine. Martine demande aussi à Richard de reprendre clairement la responsabilité légale de son fils et d’Olivier rien n’en est dit. A partir d’une rétroaction des deux systèmes recomposés face à une tentative de définition des fonctions, on peut dire que la situation d’Emile n’est pas simple. A quelles familles appartient-il? La situation de Thomas est-elle la même? Quels liens peuvent exister entre les deux frères et entre les quatre demi-frères et sœurs? Comment se répartissent les fonctions parentales? Comment les adultes s’organisent-ils pour définir leur fonction parentale? Toutes ces questions et leurs liens avec le patient désigné sont donc à approfondir lors de la prise en charge de ce genre de situation.


Si les intervenants acceptent cette définition de nouvelle famille nucléaire, cela peut entraîner plusieurs conséquences:
1. Emile peut perdre une relation directe avec sa mère et son système familial, ce qui pourrait poser problème en terme de loyauté et de dette vis à vis de sa mère.


2. Mimie ferait fonction de mère « à 100% » légitimée par Martine ce qui suppose que les femmes organisent la parenté affective et que les hommes suivent leurs propositions. Si la parenté affective devient celle qui organise les relations, quelle est la fonction de la parenté légale? Si un jour Richard Dupont se sépare de Mimie, que devient cette fonction maternelle?


3. Emile risque de perdre une relation avec son frère et son demi-frère. Thomas deviendrait « le fils » de sa mère et lui, « le fils » du père.


Nous avons donc tenté de maintenir une relation avec les deux systèmes familiaux en les aidant à différencier leurs fonctions parentales. La question n’est pas d’assumer une seule fonction maternelle mais plutôt de partager cette fonction entre deux femmes dans deux noyaux familiaux différents. Il en va de même de la fonction paternelle.


Les intervenants doivent donc sortir du cadre des définitions habituelles des familles nucléaires (père – mère – enfant) pour élargir leur point de vue. Chaque famille recomposée présentera une situation différente et l’accord implicite des adultes souvent posera problème. Il sera donc nécessaire de tenter de l’expliciter même si certains conflits doivent revoir le jour. L’intervenant, tentant de percevoir la définition des fonctions de chacun, pourra ainsi s’identifier à l’enfant qui lui, au quotidien, vit au centre de définitions floues.


V. En guise de conclusion.


La prise en charge des familles en voie de séparation ou de recomposition pose entre autre la question du partage des fonctions parentales. Les intervenants sont donc confrontés à des structures familiales nouvelles où les fonctions biologiques, légales et affectives peuvent se répartir sur des personnes différentes. Ces situations impliquent une nouvelle représentation des structures familiales et un travail adapté avec chacun de ces systèmes.


Traduzione di Donata Milloni


Bibliografia


  • Van Cutsem C., La famille recomposée, entre défi et incertitude. Erès, Ramonville Saint-Agne, 2001, 187 pp.
  • Hurstel F., La déchirure paternelle. Presses Universitaires de France, Paris, 1996, 224 pp.
  • Solis – Ponton L., La parentalité, défi pour le troisième millénaire. Un hommage international à Serge Lebovici. Le fil rouge, Presses Universitaires de France, Paris, 2002, 425 pp.


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