14 apr 2007

UN APPROCCIO SISTEMICO-FAMILIARE ALLA MEDIAZIONE CON FAMIGLIE IN TRANSIZIONE


Lisa Parkinson

Membro del National Family Conciliation Council, è una delle più note mediatrici Inglesi. E' una dei pionieri della Mediazione Familiare Sistemica di cui ha fondato i primi servizi in Gran Bretagna
lisaparkinson@btinternet.com

Questo articolo tratta di come un approccio sistemico familiare possa essere usato dai mediatori familiari per comprendere i cambiamenti strutturali delle famiglie in transizione e per facilitare gli scambi comunicativi tra i membri del “vecchio” e del “nuovo” sistema familiare. Il termine “famiglie in transizione”, in questo contesto, indica famiglie che stanno passando attraverso il processo della separazione, del divorzio e della ricostituzione. In un periodo che potrebbe essere gestito in maniera cooperativa, ma che in realtà è spesso caratterizzato da rabbia, senso di perdita e ingiustizia, le famiglie hanno bisogno di sostegno mentre si formano nuove relazioni, si pongono nuove strutture e l’organizzazione genitoriale viene progettata fino a raggiungere un accordo, invece di divenire il punto focale del conflitto di coppia irrisolto.
La mediazione familiare vede un rapido sviluppo nel Regno Unito a partire dalla fine degli anni ’70 e si prefigge lo scopo di offrire un servizio creativo di soluzione dei problemi alle famiglie in transizione. Uno dei principi centrali della mediazione familiare è che i genitori separati o in separazione prendono le loro decisioni, modellandole sui bisogni dei figli. Non si tratta di clienti cui vengono forniti consulenza, terapia o consigli da “esperti”.
Inizialmente i servizi di mediazione familiare offrivano aiuto ai genitori separati o divorziati che si trovavano a discutere sugli accordi per i figli. Il Children Act del 1989 cambiò la filosofia e la terminologia della genitorialità post-divorzio, creando una cornice legale in cui la responsabilità parentale congiunta continua ad essere mantenuta da entrambi i genitori dopo il divorzio (a meno che non ci siamo circostanze per cui la Corte ordini diversamente). Il Children Act incoraggia i genitori separati o divorziati a raggiungere un accordo circa la loro organizzazione con i figli, senza che alcun provvedimento per i figli venga emesso dalla Corte (a meno che non venga dimostrato che il provvedimento della Corte è nell’interesse del minore).
Il principio del Children Act che autorizza i genitori a progettare e mettersi d’accordo circa le responsabilità familiari e l’organizzazione futura, è del tutto in sintonia con i principi della mediazione. Un mediatore familiare è prima di tutto un promotore della comunicazione e della cooperazione tra i genitori, che sono spesso incapaci, all’inizio o nel corso di tutto il processo di separazione, di relazionarsi in maniera costruttiva. Il processo di mediazione può concludersi con un elenco scritto degli accordi proposti o dell’attuale organizzazione familiare che i genitori possono rendere effettivi tra loro o possono far inserire dai loro legali in un accordo formale, timbrato dalla Corte se necessario.
Un articolo sulla mediazione familiare apparso sul “Journal of Family Therapy” (Robinson e Parkinson, 1985) sottolinea il valore dell’approccio sistemico familiare nella teoria e nella pratica della mediazione familiare. La teoria sistemico-familiare offre un modo per pensare e comprendere i cambiamenti che le famiglie vivono durante la separazione e il divorzio. Allo stesso tempo si rivela molto utile per sviluppare modelli pratici, utilizzabili per aiutare queste famiglie a gestire il cambiamento e la riorganizzazione in tutte le aree della loro vita. Questi cambiamenti implicano processi di adattamento emotivo, psicologico, economico, legale e sociale per i genitori e hanno un profondo impatto sull’intera famiglia, così come sui suoi singoli membri. Le relazioni tra genitori e figli devono essere sostenute e incoraggiate nel momento in cui stanno combattendo con il dolore e la rabbia per la fine della loro relazione (maritale o di convivenza: penso sia superfluo, ma è nel testo). I genitori spesso cercano continuità e stabilità, specialmente quando i figli sono coinvolti, quando affrontano la necessità economica della vendita della casa di famiglia. Le sfide per queste famiglie sono complesse e possono divenire schiaccianti. Possono essere molto scoraggianti anche per il mediatore che cerchi di aiutarle.

Robinson e Parkinson (1985) sostengono che un approccio sistemico familiare sia utile, prima di tutto, in quanto permette ai mediatori di pensare i cambiamenti nella struttura familiare e nei ruoli familiari che le famiglie devono negoziare quando passano da una struttura familiare all’altra. In termini pratici, tecniche e abilità derivate dal lavoro sistemico con le famiglie possono essere adattate per l’utilizzo in mediazione, “sebbene sia importante non implicare con ciò che il divorzio sia patologico e che la famiglia divorziata abbia bisogno di un trattamento” (op. cit., p. 375). Un ulteriore vantaggio per i mediatori nell’utilizzare un approccio sistemico è rappresentato dal fatto che, sebbene la mediazione sia separata e distinta dai processi legali, essa opera all’ombra della legge ed è connessa ai sistemi della consulenza e del patrocinio legale. Nel ricevere riferimenti dagli avvocati e riferendo i clienti della mediazione agli avvocati per un consiglio legale, il mediatore familiare deve avere una buona conoscenza della legge e della procedura nei procedimenti familiari (non solo il divorzio) ed essere consapevole degli aspetti legali che devono essere trattati al fine di raggiungere un accordo pieno e definitivo nei procedimenti di divorzio. La mediazione familiare può avvenire congiuntamente al consiglio legale dato a ciascuna parte dal proprio avvocato. In questo modo essa è complementare al sistema legale e anche un servizio autonomo al quale i genitori possono riferirsi, senza aver consultato alcun avvocato.

Ci sono ovviamente altri sistemi con i quali il mediatore familiare deve essere in confidenza al fine di aiutare i propri clienti ad utilizzare le risorse disponibili, e - se opportuno – a riferirsi ad altri servizi. Anche i genitori assediati dalle difficoltà tendono ad essere uniti nell’opporsi ai Servizi Sociali (Child Support Agency), e ciò rende ancor più necessario per il mediatore spiegare come i Servizi possano essere coinvolti e come i genitori possano evitare interventi non voluti.

Comprendere le strutture familiari che cambiano.

I mediatori familiari devono essere profondamente consapevoli dell’ampia diversità culturale presente attualmente tra le famiglie inglesi. La famiglia tradizionale composta da due genitori non costituisce più la norma – se mai lo ha fatto. In alcuni gruppi etnici i bambini sono spesso allevati da membri della famiglia estesa, piuttosto che dai genitori. Nonne e zie possono essere le principali figure che si prendono cura di gruppi dai confini vaghi, formati da fratelli, mezzi-fratelli e cugini. Altri bambini vivono in famiglie monoparentali e alcuni di questi bambini possono non avere mai esperienza della vita in una famiglia con due genitori. Molte differenti figure di accudimento possono andare e venire – i loro genitori, il nuovo partner di uno dei genitori o una successione di partner diversi, baby-sitter e insegnanti. I mediatori devono fare attenzione a non presumere che la madre sia, o dovrebbe essere, l’unica o principale figura di accudimento. Molte madri lavorano a tempo pieno e ancor più padri, madri e padri acquisiti prendono parte attiva nella cura condivisa dei figli. Le famiglie monoparentali gestite da padri sono più frequenti di quanto si creda. Occasionalmente i fratelli sono divisi tra i genitori, qualche volta per la convenienza dei genitori e qualche volta per desiderio dei bambini, o il desiderio che ad essi viene attribuito. I fratelli che vengono divisi tra due campi contrapposti possono essere tirati dentro il conflitto e ancor più disperatamente hanno bisogno che i loro genitori costituiscano un fronte unito.
I mediatori familiari di conseguenza si trovano di fronte ad una complessa e mutevole rete di relazioni e attaccamenti all’interno di strutture familiari che stanno cambiando in modo drammatico e spesso traumatico. In termini pratici, la cura dei figli è spesso un problema per genitori con una relazione stabile che cercano di destreggiarsi tra famiglia e impegni lavorativi. Alcune coppie che hanno sempre cooperato nella cura dei figli continuano a farlo dopo la separazione. Altri si danno battaglia su meriti ed errori reciproci e sulla quantità di tempo che il bambino deve passare con ciascun genitore, ora che vivono separati. Possono anche esserci conflitti circa i contatti che il bambino ha con altri membri della famiglia, come i nonni, e sul coinvolgimento di un nuovo partner dall’una o l’altra parte. I mediatori familiari devono comprendere quale persona ciascun genitore considera appartenente alla famiglia e quale pensa invece dovrebbe essere parte della “nuova” famiglia estesa – sebbene questo possa non essere accettato dall’altro genitore. I bambini più piccoli ai quali un terapeuta infantile o ricercatore chiede chi appartiene alla loro famiglia, vi includono comunemente vicini di casa e amici intimi, pur essendo chiare le relazioni biologiche. Permettere ai bambini di mantenere il legame di attaccamento con nonni, zii e amici speciali può essere cruciale per il loro benessere emotivo e la loro sicurezza psicologica, specialmente quando la loro vita è in tumulto.

Uno dei primi compiti del mediatore familiare, dopo essersi impegnato con entrambi i genitori e aver aiutato entrambi a comprendere e accettare la mediazione, è quello di tracciare una “mappa” della famiglia al momento (come è vista da ciascun genitore). Questo può essere fatto verbalmente o esser facilitato attraverso il disegno di un “ecogramma” – una versione modificata del genogramma. Il genogramma è uno strumento classico nella terapia familiare che può essere usato in modi diversi nella mediazione familiare, per scopi differenti. Un genogramma è per definizione un diagramma che mostra la struttura e le relazioni familiari su linee generazionali. Il termine “ecogramma” è attualmente usato da alcuni mediatori familiari al posto di “genogramma” (Bérubé, 2002). Le famiglie separate tendono a crescere verso l’esterno lungo un asse orizzontale, non semplicemente verso il basso. Per capire l’ecologia della struttura e del sistema familiare in evoluzione, i mediatori usano l’ecogramma per rappresentare il panorama della famiglia, (usando la terminologia computazionale intendiamo qui una visione più ampia) piuttosto che la famiglia in formato ritratto (cioè in un formato più ristretto, lineare).

Altra utile caratteristica dell’ecogramma, per la mia esperienza, è di mostrare due linee orizzontali che connettono i genitori, al posto della solita linea unica. La linea superiore rappresenta la relazione maritale o di convivenza che può essere terminata con la separazione o il divorzio. La linea inferiore rappresenta la relazione genitoriale che di solito deve essere mantenuta, per il bene dei figli e degli stessi genitori. È incredibilmente difficile per la maggior parte dei genitori affrontare la fine della loro relazione di coppia mentre continuano quella genitoriale. I legami spesso rimangono impigliati tra loro. Il separarli a livello visivo può aiutare i genitori a sentirsi più consapevoli e meglio compresi. Questa consapevolezza può anche aiutarli a fare il primo passo verso la possibilità di sciogliere questi stessi legami.

Alcuni mediatori familiari disegnano un ecogramma all’inizio della mediazione sulla lavagna, come mezzo per raccogliere informazioni da entrambi i genitori via via che il disegno della famiglia emerge. I mediatori possono anche disegnare un ecogramma sul loro blocco come annotazione veloce e come modo per riflettere sulla struttura e sul funzionamento della famiglia, eventualmente per discuterlo con un esperto o un supervisore. Gli ecogrammi sono particolarmente utili quando il sistema familiare ampliato include bambini avuti da relazioni precedenti, genitori acquisiti, figli acquisiti, nonni e nonni acquisiti. L’ecogramma può mostrare attraverso linee punteggiate (cioè frontiere permeabili) chi vive in ciascuna famiglia e chi è in contatto con chi. Costituisce un focus visivo per i genitori, che può rendergli più facile il parlare delle relazioni con i figli e dei contatti con gli altri membri della famiglia.






Ecogramma per l'intervento di Mediazione con Carol e Hugh


Nell’ecogramma riportato di seguito, Carol e Hugh sono giunti in mediazione per elaborare un accordo per i figli, in seguito alla separazione avvenuta quattro mesi prima. Hugh vive con la nuova compagna, Alison, e con le sue due figlie, Jessica e Debbie. Alison ha divorziato cinque anni prima. Le sue figlie, Jessica e Debbie, trascorrono molto tempo con il padre, Bob, con ritmi regolari. Anche Bob ha una nuova compagna che a sua volta ha dei figli, ma l’intervento di mediazione con Carol e Hugh è centrato sulle loro preoccupazioni e sul disaccordo circa Patrick e Karen e la quantità di tempo che loro passano con il padre. Un problema immediato è costituito dal fatto che Patrick, di quattordici anni, al momento non vuole vedere il padre. Ci sono dei problemi nella gestione delle responsabilità genitoriali, nella continuità della relazione padre-figlio, nella comunicazione e nell’interazione tra “vecchio” e “nuovo” sistema familiare.
Molti genitori separati sono incapaci di accordarsi su un’organizzazione presente e futura con i loro figli a causa del rancore reciproco e della totale immersione nei loro sentimenti e problemi. La mediazione familiare costituisce un luogo in cui i genitori possono considerare sentimenti e bisogni dei loro figli, così come i propri. Con l’aiuto di uno o, talvolta, due mediatori (spesso, ma non sempre, un uomo e una donna) possono essere capaci di elaborare modelli genitoriali e accordi economici accettabili da tutte le parti coinvolte. Nella mediazione i genitori possono aver bisogno di discutere se i figli debbano avere una casa di famiglia principale, o due case più o meno uguali, e la quantità di tempo che i bambini passeranno in ciascuna casa.

I mediatori familiari aiutano i genitori:
· Aiutandoli a divenire consapevoli, o più consapevoli, di ciò che i loro figli possono stare vivendo o di cosa hanno bisogno;
· Aiutandoli a focalizzarsi su ciascun bambino come un individuo con i suoi bisogni, che variano in relazione all’età e allo stadio di sviluppo, al temperamento, all’attaccamento e a molti altri fattori;
· Aumentando la cooperazione genitoriale e riducendo la competizione sui figli;
· Incoraggiando i genitori ad accettare il ruolo che l’altro continuerà ad avere nella vita dei figli;
· Aiutandoli a considerare aree differenti della genitorialità e quanto queste possano essere condivise o affidate principalmente ad uno dei genitori;
· Aiutandoli ad elaborare accordi che liberino i figli dai conflitti di lealtà o altre pressioni;
· Aiutando i genitori nel progettare modalità di pagamento e impegno che supportino economicamente i figli;
· Discutendo con i genitori in che modo pensano di parlare con i figli e spiegargli la nuova organizzazione;
· Considerando con i genitori se i figli piccoli o giovani adolescenti debbano essere coinvolti direttamente nella mediazione, per dare loro la possibilità di esprimere il loro punto di vista e i propri sentimenti, ma senza caricarli della responsabilità delle decisioni. Alcuni genitori accettano volentieri il supporto del mediatore nello spiegare le loro decisioni e i loro accordi ai figli nell’ambito di un incontro con la famiglia, al termine del processo di mediazione.

Modelli di interazione familiare e relazioni di potere.

Come Taylor (2002) e altri hanno osservato, o le famiglie sviluppano e mantengono modelli di interazione che funzionano bene o, se non sono utili per uno o più membri, generano infelicità. La terapia familiare con famiglie “intatte” può aumentare la consapevolezza di modelli di funzionamento e dei loro effetti, favorendo così l’apertura al cambiamento. Cambiamenti positivi possono verificarsi quando uno o più membri modificano la loro percezione e/o il loro comportamento in modi che portano a migliorare il funzionamento familiare.

I mediatori familiari non lavorano con famiglie “intatte”. Lavorano principalmente con genitori che sono già separati o stanno affrontando la separazione, perché uno o entrambi hanno deciso di porre fine alla loro relazione. I cambiamenti richiesti da un partner possono incontrare la forte opposizione e l’amaro risentimento dell’altro partner che non accetta il bisogno di separarsi. Il cambiamento è quindi forzato per il partner che si oppone, in un clima di conflitto e comunicazione disfunzionale, o peggio nessuna forma di comunicazione. La violenza fisica è una risposta comune di fronte all’esperienza e alla paura di un cambiamento estremo.
Prima che la mediazione cominci è necessario un attento esame per stabilire se la mediazione sia adatta e accettabile per entrambi i partner, o se c’è una storia di violenza domestica e abusi o altre circostanze in cui la mediazione possa rivelarsi non idonea. Nelle situazioni in cui la mediazione è considerata idonea e accettabile da entrambe le parti, possono essere comunque presenti importanti squilibri di potere che il mediatore deve essere capace di riconoscere e gestire, per evitare che una parte tiranneggi o domini l’altra (Parkinson, 1977). E’ possibile che forme antecedenti di potere, come il possesso di proprietà e il controllo sull’assetto finanziario, debbano essere ridistribuite. Il potere può gradualmente modificarsi via via che le informazioni vengono scambiate e nuove possibilità vengono aperte. La teoria dei sistemi fornisce ai mediatori familiari i modi per spiegare il conflitto in differenti sistemi e sottosistemi e i metodi per risolvere problemi attraverso l’esplorazione delle possibili soluzioni. Anche se queste sono solo soluzioni temporanee e parziali, possono preparare il terreno per ulteriori cambiamenti consensuali. Il mediatore fornisce un processo strutturato in cui il conflitto possa essere contenuto e gestito così che tutti i partecipanti si sentano sicuri, ascoltati e sufficientemente sostenuti.

Così come deve avere una struttura formale in termini di procedure e documenti scritti, il processo deve essere flessibile e adattabile ai modelli familiari di comunicazione e a livelli variabili di conflitto. Le tecniche della connotazione positiva e della riformulazione sono molto utili nell’aiutare i genitori e, se prendono parte al processo, altri membri della famiglia – ad ascoltarsi l’un l’altro, a vedere le cose in modo differente e a guadagnare nuove prospettive.

Il ruolo e le strategie dei bambini nella risposta al conflitto parentale.

I bambini possono essere spettatori passivi che vengono tenuti fuori dalle discussioni dei loro genitori e talvolta inconsapevoli di esse. Ma quanto più è forte il conflitto tra i genitori, tanto più è probabile che i bambini e i figli adolescenti vi siano trascinati. Uno o entrambi i genitori possono coinvolgere i figli in triangoli emotivi in cui i loro conflitti sono incanalati attraverso il “bambino triangolato”. I bambini che sono molto preoccupati dalla separazione o dal divorzio dei genitori, specialmente quelli che vengono catturati nel conflitto parentale, possono aggiungere al conflitto reazioni che sembrano richieste di attenzione o atteggiamenti manipolatori. Descrivere questo comportamento come una “strategia” del bambino suggerisce che questo sia consapevole e predeterminato, mentre si tratta spesso di una risposta intuitiva a una combinazione di bisogni personali e pressioni parentali.
I bambini spesso cercano di proteggere uno o entrambi i genitori, così come anche se stessi, e i loro comportamenti possono essere il loro modo di mostrare bisogni che non possono tradurre in parole. Qualche volta tentano di sostenere entrambi i genitori raccontando a ciascuno di loro quello che pensano il genitore voglia sentire. Quando più tardi viene chiesto ai bambini cosa li avrebbe aiutati, quasi sempre rispondono che avrebbero avuto bisogno di più informazioni, spiegazioni e rassicurazioni da parte dei genitori di quelle ricevute. Il mediatore familiare può aiutare i genitori a discutere cosa ritengono dovrebbe essere detto ai figli, da chi e in che momento. I genitori possono essere capaci di accordarsi su spiegazioni e rassicurazioni appropriate all’età e allo stadio di sviluppo di ciascun bambino, spiegazioni che i genitori daranno loro separatamente o insieme, senza contraddirsi o denigrarsi l’un l’altro di fronte ai bambini.
“Micro-interventi” sensibili da parte dei mediatori possono aiutare i genitori a gestire tipi differenti di comunicazione familiare, così come organizzazione pratiche a livello concreto, che facilitano l’adattamento loro e dei loro figli. Le domande che il mediatore fa non sono domande a caso. Devono essere tratte da diverse cornici teoriche che includono teorie dell’attaccamento, della crisi, del conflitto, della negoziazione e della comunicazione. La struttura teorica fondamentale è comunque rappresentata dalla teoria sistemica, la sola che fornisce una cornice unificante in cui il mediatore traccia connessioni e lavora in modo olistico nel modificare le strutture e le interazioni all’interno della famiglia.

 

A Family-Systemic approach to the mediation

This article considers how a family systems approach may be used by family mediators to understand the changing structures of families in transition and to facilitate communications among members of “old” and “new” family systems. “Families in transition” in this context means families going through the process of separation, divorce and re-formation. During a period that may be managed co-operatively but which in reality is often full of anger, loss and despair, families need buttressing while new partnerships are formed, new structures put in place and parenting arrangements worked out and agreed, instead of becoming a focus for unresolved marital conflict.

Family mediation developed rapidly across the U.K. from the late 1970s to offer a creative, problem-solving service for families in transition. One of the main tenets of family mediation is that separating and separated parents reach their own decisions, tailored to the needs of their own children. They are not clients who are given counselling, therapy or advice from “experts”. Initially, family mediation services offered help to separating and divorcing parents who were in dispute over arrangements for their children. The Children Act 1989 changed the philosophy and terminology of post-divorce parenting, creating a legal framework in which joint parental responsibility continues to be held by both parents post-divorce (unless there are circumstances in which the Court orders otherwise). The Children Act encourages separating and divorcing parents to agree their own arrangements for their children, without any order being made by the Court concerning the children (unless it can be shown that it is in the children’s interests to have a Court order, rather than no order at all).

The Children Act’s principle of “empowering” parents to work out and agree family responsibilities and future arrangements is entirely in harmony with the principles of mediation. A family mediator is primarily a facilitator of communication and co-operation between parents who are often unable to communicate directly at the outset, either at all, or in any constructive way. The mediation process may end with a written summary of their proposed agreements or actual arrangements which the parents may put into effect between themselves, or which they may ask their lawyers to incorporate in a formal agreement, rubber-stamped by the Court if necessary.

An early article on family mediation in the Journal of Family Therapy (Robinson and Parkinson, 1985) pointed out the value of a family systems approach to the concepts and practice of family mediation. Family systems theory offers a way of conceptualising and understanding the changes that families experience during separation and divorce. It is also very helpful in developing models of practice to help these families to manage change and re-organisation in all areas of their lives. These changes involve emotional, psychological, economic, legal and social adjustments for the parents and have a profound impact on the family as a whole, as well as on its individual members. Parent-child relationships need to be supported and sustained at the very time that the parents are struggling with the pain and anger of ending their marital or living-together relationship. The parents are often looking for continuity and stability, especially where children are concerned, while being faced with the economic necessity of selling the family home. The challenges for these families are complex and may be overwhelming. They can also be very daunting for the mediators who seek to help them.

Robinson and Parkinson (1985) suggested that a family systems approach is helpful first of all in enabling mediators to conceptualise the changes in family structure and family roles which families need to negotiate as they move from one family structure to another. In practical terms, techniques and skills derived from systemic work with families may be adapted for use in mediation, “although it is important not to imply that divorce is pathological and that families affected by divorce need “treatment” (op. cit., p. 375). A further advantage for mediators in using a systemic approach is that although mediation is separate and distinct from the court process, it operates “in the shadow of the law” and is connected to legal advice and legal aid systems. In receiving referrals from lawyers and referring mediation clients to lawyers for independent legal advice, family mediators need to have a sound knowledge of the law and procedure in family proceedings (not only divorce) and to be aware of legal aspects that need to be addressed in order to reach a full and final settlement in divorce proceedings. Family mediation can take place in conjunction with legal advice to each party from their solicitors. In this way, it is complementary to the legal system and also an autonomous service to which parents can self-refer, without having consulted solicitors at all.

There are obviously other systems with which family mediators need to be familiar in order to help their clients use available resources and, if appropriate, be referred to other services. Even embattled parents tend to be united in their opposition to the Child Support Agency, making it all the more necessary for mediators to explain how the Agency can become involved and how parents can avoid unwanted interventions.

Understanding changing family structures

Family mediators need to be keenly aware of the wide cultural diversity among families in Britain today. The traditional two-parent family is no longer the norm - if it ever was the norm. In some ethnic groups, children are often brought up by members of the extended family, rather than by their parents. Grandmothers and aunts may be the main carers of loosely formed groups of siblings, half-siblings and cousins. Other children live in single-parent households and some of these children may never have experienced life in a two-parent family. Many different carers may come and go – their parent, the parent’s new partner or a succession of different partners, childminders and teachers. Mediators should be careful not to assume that the mother is, or should be, the sole or principal carer. Many mothers work full-time and more fathers, stepmothers and stepfathers take an active part in shared childcare. Single-parent households headed by fathers are more common than they used to be. Occasionally, siblings are split between their parents, sometimes for the parents’ convenience and sometimes because of children’s wishes, or the wishes attributed to them. Siblings who are split between two warring camps may be drawn into the conflict, yet desperately need their parents to present a united front.

Family mediators are thus presented with complex and shifting networks of relationships and attachments within dramatically - often traumatically - changing family structures. In practical terms, childcare is often an issue for parents in stable relationships who try to juggle family and work commitments between them. Some couples who have always co-parented continue to do so, after they separate. Others battle over parenting rights and wrongs and over the amount of time the children should spend with each parent, now that they live apart. There may also be conflict over the children’s contact with other family members, such as grandparents, and over the involvement of new partners on either side. Family mediators need to understand whom each parent sees as belonging to the family and whom each parent thinks ought to be part of the “new”, extended family – although this may not be accepted by the other parent. Younger children who have been asked by a child therapist or researcher who belongs to their family very commonly include neighbours and close friends as part of their family, while being clear about biological relationships. Enabling children to maintain their attachments to grandparents, aunts and uncles and special friends may be crucial for their emotional well-being and psychological security, especially when their life is in turmoil.
After engaging with both parents and helping both of them to understand and accept mediation, one of the family mediator’s first tasks is to “map” the immediate family (as seen by each parent). This may be done verbally or may be facilitated by drawing an “ecogram” - a modified version of a geneogram. The geneogram is a classic tool in family therapy which may be used in a different way in family mediation, for different purposes. Geneograms are by definition diagrams that show family structures and relationships on generational lines. The term “ecogram” is now used by some family mediators instead of “geneogram” (Bérubé, 2002). Separated families tend to grow outwards on a horizontal axis, not just downwards. To understand the ecology of the evolving family structure and system, mediators use ecograms to depict the family’s landscape, (using computer terminology here to mean a wider picture) rather than the family in portrait format (i.e. a narrower, linear format).
Another helpful feature of the ecogram, in my experience, is to show two horizontal lines connecting the parents, instead of the usual single line. The top line represents the marital or cohabiting relationship which may be ended through separation or divorce. The lower line represents the co-parenting relationship that usually needs to continue, for the benefit of the children and the parents themselves. It is extraordinarily difficult for most parents to deal with the ending of their marital relationship while continuing to co-parent. The threads often become entangled. Separating them out visually may help parents to feel more aware and better understood. This awareness may also help them to take the first steps towards disentangling these threads themselves.

Some family mediators draw an ecogram on the flip-chart at the start of the mediation, as a means of gathering information from both parents as the picture of their family emerges. Mediators may also draw an ecogram in their case notes as a quickly read record and as a way of thinking about family structure and functioning, possibly for discussion with a consultant or supervisor. Ecograms are particularly helpful when the wider family system includes children from previous relationships, step-parents, step-children, grandparents and step-grandparents. The ecogram can show by means of dotted lines (i.e. permeable boundaries) who lives in each household and who is in contact with whom. It provides a visual focus for parents that may make it easier for them to talk about their children’s relationships and contacts with other family members.

In the ecogram below, Carol and Hugh have come to family mediation to work out arrangements for their children, following their separation four months ago. Hugh is living with his new partner, Alison, and with her two children, Jessica and Debbie. Alison divorced five years ago. Her daughters, Jessica and Debbie, spend time with their father, Bob, on a regular basis. Bob also has a new partner who has children as well, but the mediation with Carol and Hugh focuses on their concerns and disagreements about Patrick and Karen and the amount of time they should spend with their father. An immediate problem is that Patrick, aged fourteen, does not want to see his father at present. There are questions about the management of parental responsibilities, the continuity of parent-child relationships, communications and interactions between “old” and “new” family systems.

Many separating parents are unable to agree the present and future arrangements for their children because of their anger with each other and absorption in their own feelings and problems. Family mediation provides a forum in which parents can consider their children’s feelings and needs, as well as their own. With the help of one or sometimes two mediators (often, but not always, male-female) they may be able to work out parenting and financial arrangements that are acceptable to all concerned. In mediation, parents may need to discuss whether their children should have one main family home, or two more or less equal homes, and the amount of time the children will spend in each home.

Family mediators help parents by:
› helping them to be aware, or more aware, of what their children may be experiencing and needing;
› helping them to focus on each child as an individual with his or her own needs, which vary according to age and stage of development, temperament, attachments and many other factors;
› increasing parental co-operation and reducing competition over the children;
› encouraging parents to accept each other’s continuing role in the children’s lives;
› helping them to consider different areas of parenting and how far these can be shared or entrusted mainly to one parent;
› helping parents to work out arrangements that free the children from conflicts of loyalty or other pressures;
› helping parents to work out child support payments and commitment to supporting the children financially;
› discussing with parents how they plan to talk with the children and explain new arrangements to them; considering with parents whether children and young people should be directly involved in mediation, if appropriate, to give them an opportunity to express their views and feelings, but without giving them responsibility for decisions. Some parents welcome the mediator’s support in explaining their decisions and arrangements to their children in a family meeting, at the end of the mediation process.

Patterns of family interaction and power relationships
As Taylor (2002) and others have observed, families develop and maintain patterns of interaction that function well or, if they are not helpful for one or more members, produce unhappiness for them. Family therapy with “intact” families may increase awareness of patterns of functioning and their effects and thus increase openness to change. Positive changes may occur when one or more members alter their perceptions and/or their behaviour in ways that lead to improved family functioning.

Family mediators do not work with “intact” families. They work primarily with parents who have already separated or who are facing separation, because one or both have decided to end their relationship. The changes sought by one partner may be strongly resisted and bitterly resented by the partner who does not accept the need for separation. Change is therefore forced upon the resisting partner in a climate of conflict and dysfunctional communication, or no communication at all. Physical violence is a common response to the experience and fear of extreme change.

Before mediation takes place, careful screening is necessary to establish whether mediation is suitable and acceptable to both parties, or whether there is a history of domestic violence and abuse or other circumstances in which mediation would be unsuitable. In situations where mediation is considered suitable and accepted by both parties, there may nonetheless be significant power imbalances which mediators need to be capable of recognising and managing, to prevent one party bullying or otherwise dominating the other (Parkinson, 1997). Previous forms of power, such as ownership of property and control of financial assets, may need to be redistributed. Power may gradually shift as information is exchanged and shared and options are opened up. Systems theory provides family mediators with ways of explaining conflicts in different systems and sub-systems and with problem-solving methods to explore possible solutions. Even if these are only interim and partial solutions, they may pave the way for further consensual change. Mediators provide a structured process in which conflict can be contained and managed so that all participants can feel safe, heard and sufficiently supported.

As well as having structure and formality in terms of procedure and written documents, the process needs to be flexible and adaptable to families’ patterns of communication and varying levels of conflict. The techniques of positive connotation and reframing are very helpful in assisting parents – and, if they take part as well, other family members- to listen to each other, to see things differently and to gain fresh perspectives.

Children’s roles and strategies in response to parental conflict
Children may be passive bystanders who are kept out of their parents’ quarrels and even unaware of them. But the greater the conflict between the parents, the more likely it is that children and adolescents are drawn into them. One or both parents may involve children in emotional triangles in which their conflicts are channelled through the “triangulated child”. Children who are very distressed by their parents’ separation or divorce, especially those who get caught up in parental conflict, may add to the conflict by reacting in ways that seem attention-seeking or manipulative. To describe this behaviour as the child’s “strategies” suggests that it is conscious and premeditated, whereas it is often an intuitive response to a combination of personal needs and parental pressures.
Children often try to protect one or both parents, as well as themselves, and their behaviour may be their way of showing needs that they cannot put into words. Sometimes they try to support both parents by telling each parent what they think this parent wants to hear. When children are asked later on what would have helped them, they nearly always say that they needed more information, explanation and reassurance from their parents than they actually received. Family mediators can help parents to discuss what they think should be said to the child, by whom and at what stage. The parents may be able to agree explanations and reassurance appropriate to each child’s age and stage of development, that the parents will give them separately or together, without contradicting or denigrating each other to the children.
Sensitive “micro-interventions” by mediators can help parents manage different kinds of family communications, as well as concrete practical arrangements, that ease their own and their children’s adjustment. The questions mediators ask are not random questions. They need to draw from different theoretical frameworks including attachment theory, crisis theory, conflict, negotiation and communication theory. The fundamental theoretical framework is however systems theory, because this alone provides a unifying framework in which mediators make connections and work in a holistic way with changing family structures and interactions.

 

Bibliografia

  • Bérubé, L., Workshop given at the International Family Mediation Trainers Conference Edinburgh, April 2002
  • Parkinson L., Conciliation-a new approach to family conflict resolution, British Journal of Social Work, vol. 13 (1983) pp. 19-38
  • Parkinson, L., Family Mediation (1997), Sweet and Maxwell
  • Robinson M. and Parkinson L., A family systems approach to conciliation in separation and divorce, Journal of Family Therapy (1985) 7: 357-377
  • Taylor, A., The Handbook of Family Dispute Resolution, (2002) Jossey-Bass